Ha saputo essere geniale fino in fondo, e anche dopo, Mattia Torre, lo sceneggiatore morto dopo una lunga battaglia con il tumore. Così ha pensato bene di scrivere addirittura un monologo affinché il suo funerale fosse “memorabile”. In che modo? Seguendo i suoi dettami da cima a fondo:”Appena ho saputo di essere malato, ho subito pensato al mio funerale, ho immaginato come doveva essere: doveva essere molto doloroso. Perché i funerali più riusciti, quelli che rimangono impressi nella memoria, sono quelli molto dolorosi. In questo senso andava subito escluso il funerale cattolico, perché il funerale cattolico non è abbastanza doloroso. Per la maggior parte del tempo non si capisce bene cosa il prete dica, legge dalla Bibbia parabole di dubbia presa sul pubblico, cita a vanvera episodi della sua infanzia, e poi quelle musiche di organo sono distraenti, uno inizia a pensare ai fatti propri e questo è sbagliato, perché i pensieri, le emozioni dei presenti dovrebbero convergere in un unico, straziante dolore. Niente funerale cattolico quindi, e niente preti”.



MATTIA TORRE, IL MONOLOGO DOPO LA MORTE

Esclusi dunque il funerale cattolico e la presenza di preti, le indicazioni di Mattia Torre proseguono:”Solo amici commossi che magari raccontino qualcosa sul defunto, qualcosa di intimo, di toccante, aneddoti, aneddoti mirati, sulla persona, sulle sue qualità che ora appaiono superlative, un santo praticamente, aneddoti talmente emozionanti che chi li ha scritti non riesce a leggerli, e scoppia a piangere perché il dolore è troppo forte; oppure anche divertenti, che uniscano cioè allo strazio quella nota comica che rende il dolore ancora più insopportabile – «amava la famiglia, gli amici, lo chardonnay» – e infatti tutti piangono a dirotto, questo è il mio funerale, nessuno che fuma fuori, no, tutti dentro, accalcati, c’è posto per tutti”. Poi la conclusione:”Perché il funerale perfetto è importante che sia devastante anche fisicamente, devi uscire col mal di testa e la voglia di vomitare. Non devi quasi più avere voglia di vivere dopo un funerale veramente riuscito. Ti deve passare la voglia di stare con gli altri, la fiducia nel futuro, l’inclinazione al lavoro, l’appetito. Mentre dentro tutti continuano a piangere a boati, come se non ci fosse un domani”. Com’è andata a finire? E’ stato accontentato: i suoi amici gli hanno dato l’ultimo saluto al teatro Ambra Jovinelli di Roma seguendo le sue indicazioni alla perfezione. Come nella scena di un film.

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