La pandemia Covid sembra averci concesso il “ritorno alla normalità” per quanto riguarda mobilità e relazioni interpersonali, senza più mascherine, green pass, limitazioni ai viaggi e ai contatti se non per quelle situazioni ove una certa cautela è necessaria per rispetto alla fragilità dei soggetti coinvolti o una situazione critica. Nella stessa linea la scuola italiana si avvia a concludere il suo primo anno interamente condotto in classe dal lontano (psicologicamente anche se non temporalmente) 2019, e con ovvia scontatezza si è anche riaffacciato all’orizzonte l’Esame di Stato “serio”.
Esame, commissione, prove Invalsi
Il 21 giugno si terrà la prima prova (italiano), seguita dalla seconda prova, specifica per ogni corso di studi, ed infine il colloquio multidisciplinare, che comprenderà anche Pcto ed educazione civica.
La commissione torna ad essere mista, vale a dire non più composta, come ancora è stato fatto per il 2022, da un solo membro esterno (il presidente) e sei membri interni, ma da quattro esterni (il presidente e tre esterni – di cui uno è a macchia d’olio, il commissario incaricato della prima prova, vale a dire italiano – e tre interni). Altra scelta operata dal ministero è quella di affidare al membro interno la seconda prova di indirizzo, e di limitare la portata della prova stessa ad una sola materia; il classico avrà solo latino, lo scientifico solo matematica, e così anche altri ordini di scuola (l’esame per come pensato nella ultima riforma prevedrebbe in realtà due materie per la seconda prova).
È stato anche ripristinato l’obbligo di sostenere le prove Invalsi per l’ammissione all’esame, ma non sarà necessario aver assolto l’obbligo delle ore di Pcto, in considerazione del fatto che si tratta di un computo su tre anni, ed eventuali ritardi non sono recuperabili in un solo anno scolastico a meno di non operare stravolgimenti che nessuno, neanche i funzionari del ministero, possono desiderare di attuare.
L’insediamento dell’attuale governo del presidente Meloni e di conseguenza la nomina del ministro dell’Istruzione e del merito Valditara sono molto recenti (22 ottobre 2022) e il periodo di insediamento troppo ristretto davvero per una riforma complessiva del sistema scolastico; la reintroduzione dell’esame di Stato, con i piccoli correttivi indicati, era inevitabile e oserei dire attesa, per quella qualifica che, dopo un 2020 e 2021 con solo il colloquio e un 2022 con prima prova con commissario interno, seconda prova elaborata dalle singole commissioni e colloquio con docenti solo interni, vuole il ritorno ad un esame “serio”.
Una parentesi da archiviare
Le prove ideate dal Miur per il 2020 e 2021 non sono state certo un esempio da replicare, in particolare quella del 2020, dove i docenti hanno visto i loro studenti solo il giorno del colloquio, recapitando loro per mail, come da ordinanza, un “suggerimento” di argomento e ricevendo sempre per mail un elaborato che nemmeno il giorno del colloquio (l’unico giorno di contatto con lo studente) era permesso correggere. Solo quanto detto in sede di colloquio era valutabile, per gli evidenti rischi di plagio che la commissione non era tenuta a verificare, anzi, le era espressamente proibito valutare altro che quanto fatto in sede di colloquio. Per il 2021 la frequenza in presenza ha reso sicuramente possibile a studenti e docenti che si siano seriamente applicati svolgere quel lavoro di approfondimento e riflessione indicato come scopo dell’elaborato, ma la formula in sé non è che fosse poi così allettante. L’esame del 2022 ha reintrodotto gli scritti (ma con solo membri interni e una prova ideata dalla commissione) e il colloquio a partire da “materiale” didattico.
Il problema del colloquio…
Le criticità del colloquio multidisciplinare sono però davanti agli occhi di tutti i docenti di sana e robusta costituzione, e mentalmente non del tutto offuscati dal burocratese che ha confezionato il colloquio a partire dal cosiddetto “materiale”: testo o immagine che sia, esso è facilmente trattabile come pretesto per percorsi preconfezionati, l’esatto contrario di quella criticità consapevole che il colloquio vorrebbe mettere a tema invece dell’interrogazione su più materie fra loro separate. D’altronde la difficoltà stessa dei docenti a predisporre materiali veramente idonei a sviluppare la criticità (e non semplici “accostamenti”) la dice tutta sull’astrattezza di questa formula, pensata per uno studente e una scuola che semplicemente non sono reali.
Ciò significa che a giugno 2023 andrà in onda al colloquio, giocoforza, il solito teatrino, salvabile solo e soltanto – come da sempre accade – dal mettersi in gioco di studenti e docenti in un percorso culturalmente e umanamente autentico vissuto prima di sedersi sulla famosa sedia del colloquio, da questa o dalla altra parte del tavolo.
…e quello della valutazione
Rivedremo anche prove scritte “uguali per tutti” e (presumibilmente) anche griglie di correzione “uguali per tutti”; anche qui i problemi saranno gli stessi. Chiunque abbia partecipato alla correzione di una prova che prevede la scrittura di un testo (un tema o saggio, anche una traduzione; altre prove scritte danno esiti diversi) sa che sono i docenti a dare il voto e a farlo “quadrare” con la griglia, visto che le griglie giocano su elementi fra loro fusi nell’atto di scrittura e che risultano oggettivamente difficili da descrivere. I cosiddetti descrittori degli indicatori (didattichese che vuol dire “cosa spero di trovare nella scrittura e di che qualità”) sono talvolta un aiuto, ma rimangono giustamente soggettivi, anche se servono ad attribuire punteggi in bande numeriche ben definite. Cosa vuol dire ad esempio “buona padronanza di …”? Cosa è la padronanza? non fare errori? essere creativi? essere chiari e concisi? E come definire buona?
Certo non risolveremmo la questione adottando prove solo a risposte chiuse, e quindi si procederà ancora per un po’ con griglie “lette” dai docenti, che si spera siano in grado di concordare su cosa sia di valore, cosa sia necessario e cosa sia da evitare, e anche da evitare a tutti i costi quando si scrive un testo.
Anche per il colloquio sono previste griglie, ma le considerazioni da farsi sono le stesse, anche per la mancanza totale di “esperienza sul campo” di correzione e valutazione collegiale sulla singola prova. I docenti valutano assieme il percorso alla fine dei periodi valutativi, ma questa valutazione è la somma delle valutazioni individuali. Non valutano mai assieme la stessa prova, semplicemente perché ciò non è previsto nella scuola italiana; le pagelle sono quelle che sono da sempre, disciplina per disciplina, e le uniche eccezioni sono la condotta e l’educazione civica.
Condotta ed educazione civica
Sulla prima, si usa una griglia elaborata dall’istituto relativa a crescita culturale e comportamento, ma sfido chiunque a trovarne due uguali in tutta Italia come creazioni originali. Se non vi è assenso immediato su una proposta, si fa quello che si fa sempre nel modello occidentale, si vota, e non è detto che la maggioranza abbia sempre ragione, anche se si spera che più occhi vedano meglio; su educazione civica si fa – per legge – la media matematica dei voti che ogni singolo docente ha già dato individualmente sul suo percorso. Non c’è nessuna scuola pensata per una valutazione collettiva e ragionata di una singola prova; se ci sono esempi, tali restano, nati per iniziativa del consiglio di classe che si confronta sul materiale e le griglie a partire da colloqui svolti con gli studenti, pensando a percorsi multidisciplinari condivisi, realizzati con gli studenti e solo allora valutati. Dopotutto si tratta dell’a-b-c di qualsiasi unità didattica tradizionale; si pensano materiali, tempi, modalità didattiche, destinatari e anche prova per la valutazione. Il ministero dell’Istruzione (non quello attuale, per carità) ha invece prima ideato l’attuale (e anche i passati, a dire il vero) esame di Stato “somministrandolo” con incrollabile fermezza e certezza a docenti (sì, anche a loro) e studenti; e poi… null’altro è stato fatto, a parte i webinar tecnico-informativi per chiarire i dubbi sulle varie prove.
Un sogno pericoloso
L’abolizione dell’Esame di stato, se avverrà, avverrà sempre troppo tardi se non sarà sostituita da una riforma della prassi didattica che sia innanzitutto formativa per i docenti perché pensata per dare loro collegialità reale. La collegialità non è certo l’unica cosa di cui la scuola di oggi abbia bisogno, ma con la formazione continua (in condizioni dignitose per retribuzione e luogo di lavoro) è uno dei due polmoni di una sana vita lavorativa.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI