Quando cambia un modo di scrivere, muta un sistema di valori: Seneca, oggi più che mai, è di un’attualità disarmante. Il latinista Concetto Marchesi aveva già ravvisato in lui un fermento di impareggiabile novità: “Con il suo stile e la sua sintassi egli ha contrapposto alla convenzione ciceroniana, che è tutta simmetria, lo stile umano che è asimmetrico: che non vuole essere costretto alla preordinata uniformità di periodi ben armoniosi e vuole invece che ogni idea abbia il suo risalto e il suo compimento nella frase che basta ad esprimerla”.



Oggi è toccato ai maturandi fare i conti con lui per trarne fuori una maieutica dei valori alla luce dell’Antico: “Chi è saggio non segue il volgo”, ecco il tema della versione, proposto per la seconda prova di maturità, tratto dall’opera Lettere morali a Lucilio. Oltre alla traduzione, nella seconda parte del compito, sono stati richiesti la comprensione e l’interpretazione del testo, l’analisi linguistica e stilistica, un approfondimento e riflessioni personali. Il brano, filosoficamente provocatorio, e senza complessità alcuna, si aggancia bene ai temi della nostra quotidianità: come non evidenziare, a questo punto, il rapporto pubblico-privato che, sommariamente, ognuno di noi, al di là dell’età anagrafica, vive come interfaccia sociale?



Il mondo virtuale, ictu oculi, è così virtuoso, allora? Da Instagram a TikTok il Logos abitativo della persona cede il posto al gusto dei followers e a spron battuto i like si lasciano catturare dall’attenzione di quanto stucchevolmente postato: è di scena la visibilità nel teatro muto della parola, e se quest’ultima appare tiepidamente, nel mezzo di strafalcioni linguistici, è comunque subordinata alla forma da accessoria formalità. “La spinta verso tutto quello per cui diamo segni di follia è la presenza di un ammiratore e di un testimone”, spiega Seneca.

La soluzione? Secondo l’autore latino è di togliere ogni ostentazione: “L’ambizione, lo sfarzo e la sfrenatezza hanno bisogno della ribalta: se li tieni nascosti, ne guarirai”. Non solo: “il monitor”, la guida per chi cerca la via della sapienza, deve far riscoprire l’utilità dell’inutile, a dirla con il compianto Nuccio Ordine: coltivando e tesaurizzando lo studio fruttuoso, l’otium (chiamiamolo per nome, senza oziosità!), non solo si rivendica per sé la propria identità ma si acquisiscono i mezzi per migliorare e migliorarsi. Oggi, per converso, è imperante uno zibaldone di dati confusi ed approssimativi: pseudo-curricula googliani sponsorizzati da anglicismi o da termini fascinosi a mo’ di presentazione, “Faceprofili” da ufficio stampa vistosi al pari delle titolazioni giornalistiche più gridate.



Che dire ancora? Da una parte ci sono opinionisti che fanno le veci di critici, dall’altra parte accademici di internet si danno alle arti, alle scienze e al sapere tutto “summa cum laude”, improvvisandosi tuttologi. Poi c’è la realtà, quella con cui ci si misura e che è fatta di titoli verificabili: da lì si parte per trovare una concreta occupazione. Seneca oggi incoraggia a trovare la quadra, nella selva oscura dei social, partendo dal concreto per essere credibili e realmente spendibili: la sfida è su un crinale fragilissimo, ma è ancora possibile, anche grazie al discernimento di sane e consapevoli letture capaci di riorientarci nella vita di tutti i giorni: Seneca, come Antico Presente, tracci il nostro futuro come bussola di riferimento. Questo, in soldoni, l’augurio per i nostri giovanissimi!

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