Un esame di Stato ancora decurtato delle prove scritte, basato su un maxi orale e una tesina dello studente. Sembra questo il progetto del ministro Patrizio Bianchi per la prossima maturità che inizierà il 22 giugno 2022. Secondo alcune indiscrezioni giornalistiche il responsabile del ministero dell’Istruzione sarebbe orientato a un esame ridotto, per non mettere in difficoltà gli studenti, che a suo giudizio hanno subito negli ultimi due anni una scuola fortemente compromessa dalla Dad.



Invitato al convegno “La scuola al Centro del Paese” dell’Associazione nazionale presidi, Bianchi ha dichiarato che “Noi faremo l’interesse di ragazzi e ragazze, che è quello di avere un percorso di scuola compiuto, in cui possano esprimersi e sentirsi in grado di ragionare su cosa è successo in questi due anni”. Una frase criptica secondo cui – Repubblica ne ha chiesto il senso allo staff del ministro – si può “comunque costruire un esame completo, rotondo, non mutilato, puntando ancora su un esame orale” che consisterebbe in un colloquio su tutte le materie dell’ultimo anno e in una una tesina concordata con lo studente.



Ancora in dubbio la possibilità di far svolgere la prova scritta di italiano, ma da come stanno andando le audizioni del ministro con sindacati, presidi e studenti l’opinione generale sembra orientata alla maturità a scartamento ridotto e ad oggi la possibilità di svolgere almeno una prova scritta sembra minima. Tutti d’accordo sulle difficoltà, tutti in sintonia sul non mettere a rischio la formazione degli studenti che hanno subito la pandemia da Covid-19.

Tuttavia nessuno mette in rilievo come sia necessario sostenere i ragazzi di oggi alla sfida che il momento presente pone, di offrire alle giovani generazioni il desiderio di superare le difficoltà, più che proteggerli dalle avversità. Un atteggiamento così protettivo, molto grave e inadeguato se espresso da chi guida il sistema educativo nazionale, rende i ragazzi ripiegati su se stessi, timorosi e demotivati verso il futuro, pretenziosi e ostili al sacrificio. 



Per convincersi di tali rischi, basterebbe ascoltare Umberto Galimberti, filosofo e psicanalista, il quale in alcune interviste e testi facilmente reperibili in rete si chiede immedesimandosi nei ragazzi “perché mi devo impegnare se il futuro non promette niente”. E ancora “Cosa fa la scuola per motivare i giovani, invece di demotivarli attraverso la trascuratezza, una non individuazione della loro natura, della loro qualità mentale?” Secondo il filosofo, autore del celeberrimo libro La parola ai giovani sul nichilismo attivo, “tra i 15 e i 30 hanno il massimo di potenza intellettuale [e noi] cosa gli facciamo fare? Non li usiamo, gli facciamo fare le fotocopie, i contratti co.co.co., a progetto, ma hanno il massimo della potenza biologica e ideativa”. 

Invece il ministro dell’Istruzione, e con lui buona parte della classe dirigente, a cui interessa il consenso e non l’educazione, li blandisce con false protezioni e atteggiamenti che inducono alla rinuncia. Se poi il capo del dicastero di viale Trastevere, prima di decidere, leggesse il rapporto Invalsi 2021 scoprirebbe che in Italia gli studenti che non raggiungono risultati adeguati in linea con le Indicazioni nazionali sono il 44% in italiano (9% in più rispetto al 2019) e il 51% in matematica (anche qui 9% in più rispetto al 2019). La  situazione poi è molto grave in inglese con  il 51% di deficit nel livello B2 del reading (erano al 48% nel 2019) e il 63% in quello del listening (+2 punti percentuali rispetto al 2019).

Una situazione catastrofica che mostra il fallimento dell’istruzione pubblica, con le asticelle che vengono abbassate sempre più e con un esame che per paura dei fallimenti degli studenti è ridotto a livello di una chiacchierata. Un comico della tv in bianco e nero, ironizzando sulle paure dei genitori, ma qui le si potrebbero attribuire al ministro Bianchi e a coloro che governano la scuola italiana, raccontava in uno sketch che un papà, per paura che il suo piccolo cadesse, lo teneva sempre in braccio. Un’immagine successiva mostrava un vecchio che spingeva una carrozzina sui cui era tristemente posizionato un ragazzo.

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