Lo immaginavo, ma speravo non accadesse. Però da un ministro che quando parla sembra il buon vecchio curato dei nostri nonni cosa dovevamo aspettarci?
Nel ‘73 scriveva Pierpaolo Pasolini ne “Il tempo illustrato”: “Tutti coloro che hanno inventato questi bei temi si sono attenuti a un tradizionalismo e a un riformismo classici… il rapporto dunque tra chi ha assegnato il tema e chi lo ha svolto, è un rapporto che avviene su quel margine di finto potere che il potere reale lascia ancora in concessione ai suoi difensori e ai suoi avversari…gli studenti stanno perfettamente al gioco che l’autorità impone loro. L’enorme maggioranza degli studenti avrà probabilmente svolto i temi come immaginavano che fosse il desiderio delle autorità…”.
C’era questa grande possibilità, quest’anno. Di poter sfidare la personalità, la capacità di giudicare personalmente e criticamente, l’io degli studenti. Di poter sollecitare l’emergere di questo io. Cento anni dalla nascita di Pasolini. Il disagio e l’omologazione. La frustrata reazione dei ragazzi dopo due anni di chiusura e isolamento, reazione che oggi ha portato a una incredibile impennata di casi di autolesionismo, crisi psicologica e psichiatrica, bullismo e violenza all’estremo e l’incapacità degli adulti di comprendere. Questa malattia, questo dolore i ragazzi quest’anno si portano dentro.
Cosa chiedono i temi? Il minimo comun denominatore, il tapis roulant, i temi di cui tutti parlano.
Gli autori? Nell’articolo citato Pasolini diceva che era stata affidata ai ragazzi “ la lettura meramente scolastica di Pascoli e D’Annunzio”. E quest’anno? Pascoli e Verga. La tradizione, la classicità, l’equilibrio. Ma cosa di Pascoli? “La via ferrata”: il contrasto tra la natura e la tecnologia. Poi il Verga pietistico e sentimentale di “Nedda”.
E nell’attualità? Il cambiamento climatico (dal 2021 decine e decine di interventi di Draghi e di Papa Francesco e di tutte le sacrosante istituzioni sul tema) e Liliana Segre. Per me bravissima, interessante, di grande rilievo, di grande spessore. Ma onnipresente sui media. Ora ferragnezzata addirittura. Col rischio di inciampare nel tranello delle regole al potere. Neppure sul dolore e la tragedia della Shoah (che avrebbe richiamato a quello che avviene in Ucraina), ma sulla uguaglianza dei diritti (bellissimo argomento, ma sempre quello).
C’è in corso una guerra, un dolore aperto, una ferita che nelle nostre città si dipana intorno a noi, nelle nostre scuole decine di ragazzi ucraini. Nei temi: zero.
Ho pietà per le decine di prof che dovranno correggere svolgimenti tutti uguali, senza io, senza volto, inespressivi. In cui si ripeteranno le stesse frasi che sentiamo tutti i giorni sui media. Temi senza io. Temi in cui non è stato chiesto niente all’io. Temi che rappresentano una scuola, quella di oggi, senza più volto. Una scuola a cui non interessa il singolo, l’esperienza, la vita personale.
Un ministro che non chiede niente ai ragazzi.
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