Una caratteristica nella programmazione dell’Istituzione Universitaria dei Concerti (IUC) è quello delle “integrali”. Grande classico della IUC, che vanta nei suoi annali eventi epocali come l’integrale delle Sonate beethoveniane eseguite da Alfred Brendel e l’opera pianistica di Chopin firmata da Stanislav Bunin. I cicli completi sono quindi un’occasione per immergersi nel mondo di un compositore e seguirne i percorsi evolutivi.
Una caratteristica nella programmazione dell’Istituzione Universitaria dei Concerti (IUC) è quello delle “integrali”. Grande classico della IUC, che vanta nei suoi annali eventi epocali come l’integrale delle Sonate beethoveniane eseguite da Alfred Brendel e l’opera pianistica di Chopin firmata da Stanislav Bunin. I cicli completi sono quindi un’occasione per immergersi nel mondo di un compositore e seguirne i percorsi evolutivi.
E’ stato recentemente recensita su questa testata l’“integrale” dei madrigali di Carlo Gesualdo da Venosa. Prima della fine di questa “stagione” è in calendario l’inizio dell’“integrale” della musica sperimentale di Ennio Moricone, capitolo poco conosciuto di un autore noto soprattutto per le partiture per film.
Il 7 maggio ero in una sala abbastanza piena per seguire la seconda parte dell’“integrale” dell’opera pianistica di Maurice Ravel (1875-1937). La prima parte è stata eseguita il 25 gennaio. La proponeva il pianista Roberto Cominati. Apprezzato “per il pianismo stilisticamente impeccabile e mimetico”, Roberto Cominati ha vinto il primo premio al Concorso Internazionale “Alfredo Casella” di Napoli nel 1991. Nel 1993 si è imposto all’attenzione della critica e delle maggiori sale da concerto internazionali grazie al primo premio al Concorso “Ferruccio Busoni” di Bolzano. Nel 1999 ha inoltre ottenuto il premio del pubblico “Jacques Stehman” della TV belga e dell’emittente francese TV5, nell’ambito del Concorso “Reine Elisabeth’’ di Bruxelles. Cominati ha già registrato, nel 2011, l’integrale pianistica di Ravel in un box di due CD per l’etichetta Amadeus.
“La musica di Maurice Ravel è sempre stata molto importante per me – ci racconta Cominati prima dell’esecuzione – penso anzi che sia stata determinane nella formazione del mio gusto e della mia personalità di interprete. Compendia in sé le migliori qualità del Novecento storico, in una sintesi straordinaria che bilancia oggettività, serietà, chiarezza, e intelligenza da un lato, e fantasia, inventiva, eleganza e leggerezza dall’altro, in una ricerca costante e costantemente fortunata di perfezione”.
Il programma del concerto ha seguito cronologicamente l’opera pianistica di Ravel, da lavori giovanili come il Manuet antique e La pavane per un enfante defunte, che risalgono all’inizio del Novecento al notissimo Le tombeau de Couperin (composto durante la prima guerra mondiale e da molti considerato il suo capolavoro ed una delle primissime espressioni del neoclassicismo novecentesco). Una scelta intelligente che fa ascoltare al pubblico quelle che numerosi critici chiamano “le due anime” di Ravel – quella classica formale e quella introspettiva tardo romantica – ma che sono, in effetti, due aspetti di un compositore, all’apparenza brillante e tale da piacere al pubblico (anche salottiero), ma sostanzialmente inquieto, consapevole di trovarsi a cavallo tra due secoli molto differenti, anzi contrastanti, tra loro.
Dei tre brani della prima parte, il più importante è Gaspard de la nuit, anche perché tecnicamente molto complesso ed eseguito unicamente da grandi interpreti. Ispirato da una raccolta di poemetti di Aloysius Bertrand, è articolato in tre episodi: Ondine, Lent (Do diesis maggiore), dedicato a Harold Bauer; Le gibet, Très lent (Mi bemolle minore), dedicato a Jean Marnold e Scarbo, Modéré (Si maggiore), dedicato a Rudolph Ganz. I tre poemetti scelti sono perfetti proprio per gli echi di sogno tormentato e di mistero. Ondine rappresenta un sogno sereno e chiaro come lo scorrere leggero dell’acqua; Le gibet rievoca l’ossessione dalle tinte fosche e lugubri; il terzo brano Scarbo chiude la serie di reminiscenze oniriche con la figura sinistra di un nano deforme e ambivalente. Non è questa la sede per soffermarci sui contenuti dei poemetti.
Ravel era consapevole che essi erano il pretesto per la composizione di un’opera di difficilissima esecuzione. Con una certa malizia, dichiarò esplicitamente di aver composto un’opera che superava in difficoltà l’Islamej di Balakirev unanimemente considerato uno dei pezzi più ostici mai scritti. In un’altra occasione, Ravel giudicò il proprio lavoro con queste parole: “Ho voluto realizzare una sorta di caricatura del Romanticismo. Probabilmente ho raggiunto quanto di meglio sia in grado di realizzare.” La padronanza tecnica che Gaspard de la nuit richiede all’esecutore è in effetti assoluta: la raccolta è tuttora un arduo banco di prova anche per i pianisti più dotati. Alcuni passi particolarmente difficili richiedono la scrittura su tre pentagrammi. Cominati ha offerto una grande prova.
Nella seconda parte, dopo il Menuet sur le nome de Haydn, il Prélude ed i due brevi brani Á la manière de Borodine e Á la manière de Chabrier, l’elemento centrale è stato Le tombeau de Couperin una suite, composta fra il 1914 ed il 1917 in cui ogni movimento è dedicato ad un amico del compositore caduto in guerra. Successivamente, la suite è stata rielaborata per orchestra e alcune sue parti sono state utilizzata come musica per balletto. Cominati ha sottolineato la vivacità ed il ritmo che pervade una composizione in cui il ricordo di un grande compositore barocco (per l’appunto, Couperin) viene evocato ed utilizzato come memoriale per sette grandi amici di Ravel.
Ovazioni e richieste di bis a cui Cominati ha risposto offrendo trascrizioni per piano di Bolero e Valses nobles et sentimentals.