Si fa prima a dire cosa non ha fatto Maurizio Costanzo nella sua vita. Giornalista, comunicatore, creatore di format televisivi, autore di canzoni di grande successo, regista e sceneggiatore di film, scopritore di talenti e molto altro ancora. Uno dei personaggi più rilevanti della nostra storia contemporanea, da decenni protagonista della vita culturale e di quella politica del nostro Paese.
Sì, anche di quella politica. Perché da quando la politica è diventata una branca della comunicazione – ormai qualche decennio fa – Maurizio Costanzo è stato l’uomo più ricercato e ascoltato – in gran segreto – dai nostri politici. Da Massimo D’Alema a Silvio Berlusconi, da Francesco Rutelli a Irene Pivetti, non c’è stato politico che non gli abbia chiesto consigli, che non l’abbia preso come consulente per capire come stare davanti a una tv, che non abbia ascoltato i suoi suggerimenti per migliorare la propria capacità di comunicare.
Costanzo ha inventato il talk show prima di Bruno Vespa e di tanti altri che hanno cercato solo di imitarlo. All’epoca era definito il “salotto televisivo”. Prima in Rai con “Bontà loro” poi in Mediaset con le oltre 4.000 puntate del “Costanzo Show” ha dominato le nostre serate, ha trascorso con ciascuno di noi le ore più importanti della giornata che finisce, quelle del “rilassamento”. Quando sdraiati su un divano e si è rimasti soli con la tv accesa, si ascolta ma fino a un certo punto, si rimane catturati da un volto noto che svela un aneddoto della sua vita, o dalla voce di uno sconosciuto, che si sta giocando tutte le sue carte per tentare la via del successo.
Molti ricordano in queste ore dopo la scomparsa due episodi chiave della sua vita, ma contrastanti. Da un lato, l’iscrizione alla Loggia P2, quando per la prima volta il suo nome apparve accanto a quello di Berlusconi (il suo principale datore di lavoro) e a quello di alcuni esponenti di punta del Corriere della Sera degli anni ’80 (Angelo Rizzoli e Di Bella). Dall’altro, l’attentato ai suoi danni perpetuato dalla mafia nel ’93. La mafia non aveva gradito (Riina) le numerose trasmissioni del “Costanzo Show” dedicate all’uccisione dell’imprenditore Libero Grassi, che si era ribellato al pizzo, e alla presenza sul palco del teatro Parioli di Michele Santoro e del giudice Giovanni Falcone. Come spesso capita, sono due facce diverse della stessa persona, di un personaggio pubblico che per decenni ha interpretato una certa idea di progressismo, mai violentemente anti-berlusconiano, sempre ispirata al buon senso e ai principi della libertà dei singoli e di tutti.
Sono numerose le persone che devono molto a Maurizio Costanzo. Dalla scoperta di Paolo Villaggio alla promozione di personaggi come Vittorio Sgarbi, Giampiero Mughini, Platinette, David Riondino, Roberto D’Agostino. Ma non si può parlare di Maurizio Costanzo senza citare Maria De Filippi, la sua ultima moglie (di quattro) sposata nel 1995. Anche lei ormai una colonna della nostra tv, in grado di continuare il percorso iniziato dal marito, e cioè quello di ideatrice di format televisivi, tutti condotti in prima persona, in ogni caso prodotti destinati al grande pubblico e al successo.
Maurizio Costanzo è entrato nelle nostre vite. La sua voce unica era il familiare suono di una certa ora della giornata, con il sottofondo di una musica dolce e inconfondibile. Ma soprattutto per molti di noi è stato un commentatore attento, il critico inesorabile ma mai aggressivo, l’osservatore instancabile della realtà, il creatore del senso comune. È difficile capire chi potrà mai prendere il suo posto.
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