Una pena esemplare stavolta in sede di Corte d’Appello e condanna auementata fino a 14 anni e 8 mesi: è questa la decisione dei giudici di Firenze, dopo il rinvio da parte della Cassazione, a carico di Mauro Cioni, l’ex prete riciclatosi come santone e che aveva dato vita a una vera e propria setta a Montecchio di Cortona (in provincia di Arezzo). Ha retto insomma l’accusa di riduzione in schiavitù degli adepti, totalmente plagiati da Cioni e che in condizione di sudditanza psicologica erano costretti da parte dell’uomo anche allo sfruttamento sessuale pur di guadagnare la salvezza eterna della loro anima.



Non solo: i giudici della Corte d’Appello, presieduti da Alessandro Nencini, hanno ritenuto anche congruo un aumento della pena a carico del santone rispetto agli otto anni iniziali richiesti solo per il reato di violenza sessuale. Secondo la ricostruzione dei fatti, l’ex sacerdote aveva dato vita a questa congrega nella quale ben nove ‘fedeli’ erano stati ridotti a veri e propri schiavi, sia dal punto di vista sessuale sia quello  economico, dietro false promesse e sfruttando la loro condizione di sudditanza psicologica. Infatti, come si ricorda, in appello Cioni si era visto ridurre la condanna comminatagli in primo grado a 15 anni: a seguito del ricorso in Cassazione, la Terza Sezione del Tribunale aveva confermato la pena di otto anni per violenza, derubricando invece la riduzione in schiavitù degli adepti a semplici maltrattamenti, reato che tra l’altro era nel frattempo andato prescritto.



CONDANNATO IL ‘SANTONE DI MONTECCHIO’: “ADEPTI RIDOTTI IN SCHIAVITU’ E COSTRETTI A…”

E invece in sede di Corte d’Appello la pena è stata nuovamente inasprita: “Impugneremo la sentenza perché riteniamo che la Cassazione avesse solo dato indicazioni delle modalità corrette della fattispecie, senza un obbligo di condanna” ha detto a margine della decisione dei giudici Luca Bisori, assieme a Valeria Valignani uno dei due legali dell’ex prete 76enne che al momento si trova a casa dato che non è mai stato arrestato per via di un verdetto non passato in giudicato. “Soffre di una sindrome di immobilizzazione da anni” aveva tenuto a dire il suo difensore che già in passato aveva dichiarato di essere malato e quindi impossibilitato ad assistere al processo che si celebrava a suo carico a Firenze.



Come si ricorda, tutta questa torbida vicenda aveva avuto origine nel convento di Montecchio, dove era stato per vent’anni sacerdote: qui Cioni aveva creato una sua comunità nelle vesti di vero e proprio santone ma facendo leva sulla fragilità psicologica degli adepti e anche su metodi violenti. Da qui le false promesse di consentire loro la salvezza eterna dietro l’esaudimento di ogni sua richiesta e anche la minaccia di pene che avrebbero patito per tutta la loro vita: solo i pareri discordanti dei fedeli e una loro ‘spaccatura’ aveva portato alle prime indagini che hanno spezzato questo circolo vizioso fatto di inganni e richieste che andavano dalle prestazioni sessuali alla corresponsione di somme in denaro.