Mauro Corona, ospite a Non è un paese per giovani a Radio 2, ha parlato del suo libro dal titolo Le altalene: “È dedicato a mio padre e a mia madre. ‘A quei due’, scrivo. Non sono stati buoni genitori, nominarli mi pareva troppo rispettoso. Un uomo onesto deve avere il coraggio di dire mio padre e mia madre erano dei falliti come genitori”.
Il ricordo dell’infanzia è ancora doloroso. “Mia madre ci abbandonò quando io avevo sei anni, mio fratello cinque e l’altro quattro mesi. Mio padre faceva il minatore ed era un violento, bastava non mungere una capra e finivamo per ore legati a un albero”, ha ricordato. È proprio da questi drammatici episodi che ha tratto ispirazione per il suo romanzo. “Parla della mia vita, della mia famiglia, della nostra vita disastrata, violenta. Eravamo così giovani che non ci rendemmo conto della tragedia del Vajont. Per noi fu una novità, gli elicotteri che ci caricavano, che ci spostavano. Finimmo in collegio con i salesiani. Solo dopo ho maturato l’entità di questa tragedia. Eravamo impauriti sentendo dire che c’erano tantissimi morti, ma all’iniziò non ci segnò in modo così forte. Poi, dopo, sì”.
Mauro Corona: “I miei genitori hanno fallito”. Lo stile di vita
Mauro Corona, durante l’intervista, ha parlato anche del suo stile di vita. “Lavoro di notte perché non dormo. Fin da piccolo ho avuto il regalo di vivere due volte, uno che dorme dieci ore ha metà vita finita, io dormo dalle 5 alle 8 di mattina, scrivo, guardo la tele, leggo, penso, la notte non c’è nessuno, sei tu, i pensieri non scappano, rimangono lì attorno. Quando sono le 9.30 parto, vado in montagna, a scalare o a camminare. Ovviamente dove al ritorno ci sono dei rifugi ben serviti”, ha raccontato.