Mauro Repetto, il successo con gli 883 e la nuova vita a Disneyland
Mauro Repetto è stato uno dei componenti degli 883, una delle band più amate degli anni ’90 in Italia. Il duo, composto con Max Pezzali, ha fatto sognare intere generazioni e lo fanno ancora oggi se si sono sciolti. Una decisione improvvisa quella maturata da Repetto che, nel 1994 decide di uscire dal gruppo. “Lunedì vado a Miami e non so se torno” le parole pronunciate all’amico e collega Max Pezzali. In America inizia la sua nuova carriera, anche se viene raggirato da da un presunto avvocato che lo convinse ad aprire una società di produzione per 100mila dollari. Nonostante il primo errore prosegue la sua carriera artistica pubblicando un disco da solista dal titolo “ZuccheroFilatoNero”, ma fu un vero flop. Dalle pagine de La Repubblica ha descritto così il disco: “una torta nuziale che è cascata per terra, e ho provato senza troppa fortuna a rimettere in piedi”.
Oggi Mauro ha 54 anni e ha deciso di raccontare la sua storia e quella degli 883 in un libro dal titolo “Non ho ucciso l’Uomo Ragno”. L’inizio di una nuova vita a Disneyland dove lavora come dirigente e non ha mai vestito i panni del personaggio di Pippo.
Perchè Mauro Repetto ha lasciato gli 883 di Max Pezzali?
La scelta di lasciare gli 883 e Max Pezzali è arrivata all’improvviso per Mauro Repetto che ha affidato a La Repubblica le sue confessioni. “È stato uno di quegli attimi impossibili da dimenticare. Da un lato mi rendevo conto che il pezzo che Max aveva concepito era un capolavoro, dall’altro l’incipit della canzone – “Stessa storia, stesso posto, stesso bar” – mi dava la claustrofobia” – ha rivelato il compositore ed ex ballerino italiano che a distanza di anni da quella scelta non ha alcun rimpianto.
“Se rivivessi la mia vita, credo che rifarei tutto esattamente allo stesso modo. Perché le cose che ho fatto sono quelle che in quel momento sentivo di dover fare. Non esistono scelte giuste o sbagliate, esiste quello che ti senti di fare” – ha detto Repetto che a Parigi ha ricominciato una nuova vita. Nessun eclissi come ha raccontato: “per me è stato il contrario. Quando ho iniziato a vivere e lavorare in Francia, ho scoperto quello che i francesi chiamano “métro, boulot, dodo” – cioè “metropolitana, lavoro e nanna” – e ho capito che in quel momento l’anonimato era ciò che desideravo di più al mondo. Ma anche durante la stagione degli 883: l’eccitazione stava più nel creare una canzone, nel lavorarci e vedere che prendeva forma. Più quello, che non suonarla di fronte a centomila persone”. In una successiva intervista a Vanity Fair, ha detto: “Non ero all’altezza della situazione. Giù dal palco eravamo 50 e 50, portare questa collaborazione sulla scena era impossibile, e allora io, mentre Max cantava, saltavo perché non potevo fare altro. Quando siamo arrivati a giocare in Serie A, non ne avevo la capacità né soprattutto la maturità. La mia fragilità estrema ha aperto la via ai brutti incontri. Mi sono circondato di persone sbagliate, sono andato alla deriva”.