Max Gazzè, celebre cantautore, ha rilasciato un’intervista sull’edizione di oggi, lunedì 19 luglio 2021, de “Il Fatto Quotidiano”, sulla quale ha effettuato un’analisi del periodo a dir poco difficoltoso che il settore musicale sta attraversando, complice la crisi pandemica che ha azzerato per lungo tempo la possibilità di concerti live. Eppure, in occasione dei recenti campionati Europei 2020, vinti dall’Italia del ct Roberto Mancini, si sono visti anche 60mila spettatori presenti contemporaneamente sugli spalti di Wembley: “È stato bello rivedere uno stadio aperto, segnale di una ripartenza su più fronti e di una luce in fondo al tunnel – ha dichiarato l’artista –. Poi, però, viene in mente che noi artisti facciamo concerti con una quantità di pubblico spesso inferiore a quella che gli spazi consentirebbero, pur nel rispetto delle norme di sicurezza. Non ho risposte per questo, ma mi pongo degli interrogativi”.
Gazzè ha quindi riferito di non sapere con esattezza cosa sia giusto, ma ha evidenziato che “noi che lavoriamo nella musica stiamo facendo grandi sacrifici e forse alcune limitazioni rispetto alla capienza sono eccessive, se paragonate ai luoghi in cui si svolgono i concerti. È difficile persino rientrare dalle spese quando si staccano mille biglietti”.
MAX GAZZÈ: “TRA UN PO’ DOVRÒ TROVARE UN NUOVO LAVORO”
Nel prosieguo dell’intervista rilasciata a “Il Fatto Quotidiano”, Max Gazzè ha poi parlato della crisi del settore, che già prima della crisi connessa alla pandemia di Coronavirus pagava lo scotto dello streaming e del drastico calo nelle vendite dei dischi: “Ho cinque figli, la casa, di Siae mi arriva sempre meno. Tra un po’ dovrò trovarmi un altro lavoro… Scherzi a parte, bisogna cominciare a pensare a un meccanismo che tuteli di più il diritto d’autore”. Gazzè ha poi evidenziato come in giro ci sia troppa musica, sottolineando che quando lui era un ragazzo, dovevano trascorrere mesi prima che uscisse un nuovo album, mentre ora ogni settimana escono dai dieci ai quindici singoli.
L’artista ha poi aggiunto di non volere necessariamente essere pessimista, ma, a suo giudizio, chi pensa che il virus vada via così com’è arrivato si sbaglia. La cultura è stata tra i settori più penalizzati, quasi non fosse un nutrimento per l’anima. “Invece lo è, specialmente in questa disumanizzazione dei rapporti sociali! Ci sono state responsabilità politiche, ma pure una sorta di impossibilità di agire. La situazione muta di mese in mese, ora siamo alla variante Delta e chissà che non si arrivi all’Omega”.