Max Giusti tornerà da questa sera in tv. In prima serata su Rai Due la prima puntata della nuova stagione di “Boss in incognito”, in cui i datori di lavoro si camuffano, trasformandosi da dipendenti della loro stessa azienda per capire l’umore di operai, impiegati e via discorrendo: “Stasera su Rai Due parte questa edizione particolare – le sue parole a “C’è Tempo Per” – in un momento storico. L’abbiamo registrato subito dopo la fine del lockdown e abbiamo girato per tutta l’estate, finita di montare poco fa. Racconta un’Italia resiliente e forte che cerca di rialzare la testa. Lo conduco io per la prima volta e per la prima volta anche il conduttore, alla bisogna, aiuterà il boss: entro nell’azienda, cambio modo di parlare, mi camuffo e mi trucco. Mi sono ritrovato a fare lavori di grande fatica, tipo friggere le patatine in impianti industriali, portare i limoni per quasi un chilometro, casse da 30 chilogrammi… mi sono trovato molto bene con i lavoratori, io uscivo dal liceo e andavo a lavorare con i miei. Oggi il lavoro è speranza, le storie che abbiamo raccontato sono bellissime, fantastiche, un’esperienza umana particolarmente forte, è stata una cosa che mi ha cambiato molto”. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



MAX GIUSTI: “DURANTE LE RIPRESE DI BOSS IN INCOGNITO ABBIAMO VISSUTO EMOZIONI FORTI”

Max Giusti è l’uomo giusto per la nuova edizione di Boss in incognito, il docu-reality che da quest’anno prevede tra le doti del conduttore anche una buona attitudine al trasformismo. Così, con tanto di parrucca, peluria sulla faccia, protesi al naso, denti e labbro inferiore finti, ma soprattutto inflessione dialettale che cambia a seconda del contesto, Giusti fa il suo esordio nei panni di Giancarlo, non un’imitazione ma un’interpretazione inedita cucitagli addosso su misura: “Per la prima volta il conduttore del programma si trasforma e aiuta il capo di ogni azienda protagonista delle puntate a entrare in contatto con i suoi dipendenti, senza essere riconosciuto”, spiega Max in un’intervista del 3 settembre a Tv Sorrisi e Canzoni, in cui anticipa anche che ci sarà da commuoversi. I quattro nuovi appuntamenti, infatti, sono stati girati subito dopo il lockdown, in un periodo particolarmente difficile per le aziende: “Abbiamo vissuto emozioni fortissime. C’è un’Italia che resiste, che non molla, che è tenace”.



Max Giusti parla dei suoi primi lavori

Molte delle realtà prese in esame a Boss in incognito si tramandano di padre in figlio, di generazione in generazione. Nel caso di Max Giusti, tuttavia, il legame all’attività di famiglia ha ceduto il posto alla passione: “Mio papà era metalmeccanico e mamma commessa in un negozio di ferramenta. Poi a 23 anni papà ha aperto un piccolo negozio di casalinghi e detersivi. Col tempo il negozio è cresciuto, ci lavoravano 12 persone ma… è mancato l’erede!”. E meno male: nel 1991, Max ha lasciato i suoi per dedicarsi corpo e anima a ciò per cui era portato. “Ma fino ad allora davo una mano anch’io in negozio. Dalla terza liceo servivo dietro al banco e facevo le consegne. Per un periodo vendevamo anche mobili: cucine, bagni, salotti… A 23 anni ricordo che nella mia seconda apparizione televisiva a Stasera mi butto il conduttore Pippo Franco mi chiese: ‘Max, cosa fai nella vita?’. E io: ‘Porto i mobili su e giù per le scale’. Tutto vero: “Il negozio di papà ormai era diventato grande e lui mi diceva: ‘Se un giorno sì e uno no non ci sei perché vai a fare gli spettacoli, io come faccio a farti crescere e a darti un ruolo di responsabilità? Quindi se vuoi te ne vai con gli operai a montare i mobili’. Io andavo e ne ero contento. Certo, ’na fatica!”.



Le skill acquisite durante la sua gavetta come fattorino gli sono comunque servite quando si è ritrovato a Boss in incognito: “In una puntata ho dovuto portare a spalla 30 chili di limoni su per le ‘scalinatelle’ della costiera amalfitana. Pensavano tutti che non ce la facessi”. Invece… A casa con moglie e bambini, però, è un po’ meno servizievole: “Dopo tutta quella fatica sono diventato così pigro che non cambio manco una lampadina!”.