Max Tortora, grandissimo attore romano e fra i migliori imitatori in circolazione, si è raccontato nelle scorse ore ai microfoni del Corriere della Sera. Oltre per la sua bravura Max Tortora è noto per essere molto alto, precisamente un metro e novantasette, praticamente un cestista. E questa altezza all’inizio è stata un po’ un handicap: «All’inizio sì – svela lo stesso – anche se cercavo di non mettere in soggezione i colleghi, pian piano ho evitato che diventasse una caratteristica, non mi sono mai connotato per l’altezza in un film. Ho fatto un lavoro sul corpo, muovendomi non da alto, con una gestualità misurata: se allargavo un braccio diventavo troppo visibile». L’attore sta vivendo una certa continuità a livello lavorativo negli ultimi tempi, cosa che fino a poco tempo fa non accadeva: «Vivo tutto come viene. Ora noto una continuità di lavoro che non avevo». Come molti dei suoi colleghi, anche Max Tortora ha mosso i primi passi nel mondo dello spettacolo in un locale: «Ho cominciato in una discoteca di Roma, dove interruppero la musica per farmi fare l’imitazione di Corrado. Inavvertitamente, ebbi un applauso. Lo considero il mio primo spettacolo. Avevo 18 anni». Per Max Tortora era il sogno nel cassetto che si esaudiva: «Era quello che volevo fare da piccolo sì, anche se poi ho studiato Architettura. Da piccolo mi dicevo: perché sei seduto sul divano e non sei lì dentro, in tv? Vengo da una famiglia di artisti. Papà faceva il direttore d’albergo ed era di una simpatia unica, se n’è andato troppo presto, per fortuna ha fatto in tempo a vedermi a teatro; papà imitava tutti i colleghi di lavoro, affibbiava soprannomi a chiunque gli capitasse a tiro. Mio fratello è un cantante meraviglioso, ha 57 anni e lo vedrei bene a The Voice Senior, ha l’orecchio assoluto, non deve cercare la nota, cosa che gli invidio molto. Mia sorella canta bene e sua figlia, mia nipote, Manuela Lanobile, si sta facendo un nome, si vede anche su YouTube».
Ma quella di fare il comico, l’attore e lo showman, non era l’unico sogno di Max Tortora: «Sì volevo diventare direttore d’orchestra. Mi piace Riccardo Muti perché ha una visione globale della musica, umanistica, si capisce che dietro c’è un mondo. E poi al di là della sua severità è un battutista». Impossibile non menzionare le sue mitiche imitazioni: «Non ne ho fatte tante, non mi sono mai sentito un imitatore, avevo cominciato a farle per allietare i compagni di viaggio nelle tournée teatrali. Si vede che hanno lasciato il segno. Luciano Rispoli, Celentano quando parlava in un romanesco un po’ improbabile si trasformò in un tormentone. Poi Alberto Sordi maturo», imitazione quest’ultima che fece storcere il naso a qualcuno: «Ci fu chi si offese perché il mio Albertone con la coperta era un segno di senilità. In realtà era una citazione di un suo film famoso, Io so che tu sai che io so. Mi disse: sei bravo ma è meglio che smetti. Di lui, divenni assistente operatore in Assolto per non aver commesso il fatto. Sul set eravamo a stretto contatto, dava i buffetti a tutti, all’epoca non c’erano le riprese digitali, il girato si rivedeva in una specie di videoregistratore». Ancora sulle imitazioni: «La prima è stata quella di Gianni Morandi: cantavo Scende la pioggia dietro la porta della mia cameretta. Mia madre mi faceva esibire per le sue amiche. Ero timido, avrò avuto dieci anni. L’ho visto a Sanremo e mi è piaciuto molto. Ho adorato Drusilla, la seguo dall’inizio, al Festival ha sdoganato un termine bellissimo: l’unicità di ognuno di noi».
MAX TORTORA: “COSI’ NACQUE L’IMITAZIONE DI AMADEUS”
Curioso l’aneddoto sull’imitazione di Amadeus: «L’imitazione di Amadeus… Ero a Otranto, sul lungomare, davanti a un piatto di spaghetti ai frutti di mare, avevo 38 anni e mi stavo cominciando a preoccupare,non arrivavano più proposte. Improvvisamente esclamai con la voce di Amadeus la sua frase nel programma L’eredità: Siamo arrivati al momento della scossa! Portai quell’idea in tv, su Rai 2 a Bulldozer, ed ebbe successo. Nello sketch mi rivolgevo a un malcapitato concorrente con delle domande inverosimili e assurde. Nacque tutto per una improvvisa battuta che mi venne fuori in un momento difficile, davanti a quegli spaghetti».
La grande popolarità è però giunta con la sit com di Canale 5, I Cesaroni: «Mi ha portato una popolarità a cui non ero abituato. L’ho capito quando da un giorno all’altro la gente ha cominciato a salutarmi dai finestrini delle auto. Nella lunga serialità c’è il problema di fare sei-sette scene al giorno. Come puoi memorizzare le battute? Ho grande memoria fotografica. Leggo e vado, afferrando il senso di quello che devo dire». Chiusura dedicata a Carlo Verdone, uno dei grandi suoi amici: «Non ho molti amici veri, uno di questi è Carlo Verdone, ecco, su di lui puoi contare. Non solo sui consigli medici, quelli li dà a tanti. Sull’Io, diciamo che mi pongo da osservatore rispetto a ciò che mi accade».