Il maxiprocesso dei Nebrodi ha registrato la storica sentenza dei giudici del tribunale di Patti dopo una settimana di Camera di Consiglio: emesse 91 condanne per oltre 600 anni di carcere (la Procura ne aveva chiesti 1000, ndr), con confische milionarie e dieci assoluzioni. Alla lettura del dispositivo ha assistito anche dall’ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, grazie al quale è stato possibile smantellare il sistema di truffe milionarie nell’agricoltura.



Alla sbarra, come riporta l’agenzia di stampa nazionale Adnkronos, c’era la cosiddetta “Mafia dei pascoli” e un sistema attraverso cui “la criminalità drenava milioni di euro di contributi europei destinati ai terreni agricoli garantendosi linfa finanziaria. Un meccanismo i cui ingranaggi furono fermati proprio dal protocollo di legalità Antoci”. L’inchiesta, successivamente sfociata nel maxiprocesso dei Nebrodi, ebbe origine per merito dell’ex procuratore capo di Messina Maurizio de Lucia, da pochi giorni alla guida della Procura di Palermo, che portò alla luce un sistema mafioso milionario, i cui reati sono riassumibili in associazione mafiosa, estorsione, concorso esterno in associazione mafiosa, truffa, falso. Le motivazioni della sentenza saranno rese note fra 90 giorni.



MAXIPROCESSO DEI NEBRODI, GIUSEPPE ANTOCI: “ABBIAMO SUPERATO IL SILENZIO”

Il maxiprocesso dei Nebrodi iniziò con un’operazione a inizio 2020 che portò a 94 arresti e al sequestro di 151 aziende agricole per mafia. Un meccanismo, ha sottolineato ancora una volta Adnkronos, interrotto dal “Protocollo Antoci” e poi recepito nei tre cardini del Nuovo Codice Antimafia e votato in Parlamento il 27 settembre 2015. L’ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, oggi presidente onorario della Fondazione Caponnetto, è stato vittima di un attentato mafioso nel 2016, dal quale si salvò solo per via della sua auto blindata e del conflitto a fuoco a cui hanno preso parte i poliziotti della sua scorta.



Scorta che accompagna ancora oggi Antoci, il quale, dopo la lettura della sentenza del maxiprocesso dei Nebrodi, ha commentato ai microfoni dell’agenzia stampa sopra menzionata: “È un momento importante, perché questo Paese ha bisogno di risposte, da questa esperienza esce la risposta di un territorio che ha fatto il suo dovere. Abbiamo fatto quello che andava fatto, abbiamo superato il silenzio e abbiamo fatto capire che i fondi europei dovevano andare solo alle persone per bene e non ai capimafia. Quest’aula stasera ha dato un segno di libertà, ma anche di dignità. Queste condanne mi addolorano, perché in fondo non è proprio una vittoria quando le persone vanno in carcere. La lotta alla mafia non si può fare solo con la repressione, ma va fatta ogni giorno. Questa esperienza dimostra che da un piccolo territorio nasce un protocollo di legalità che la Commissione europea considera tra i più importanti. Rompiamo questo muro di silenzio”.