MAXIPROCESSO DI PALERMO CONTRO COSA NOSTRA: LA SVOLTA CON TOMMASO BUSCETTA
Il 10 febbraio 1986 rappresenta una data storica per il nostro Paese e non solo. Esattamente 35 anni fa, infatti, si celebrò la prima udienza del cosiddetto Maxiprocesso a Cosa nostra che si svolse a Palermo. Si tratta del processo penale più grande al mondo, i cui numeri finali rendono bene l’idea di ciò che ha rappresentato. Basti pensare, infatti, che alla fine giunta il 16 dicembre 1987 furono in tutto celebrate 349 udienze. Ed ancora, si celebrarono 1314 interrogatori, due requisitorie maratona, 635 arringhe difensive da parte degli oltre 200 avvocati, 475 imputati, 19 ergastoli inflitti, 327 condanne, 114 assoluzioni e 2665 anni di reclusione comminati. L’importanza del Maxiprocesso la si deve anche al fatto che prima di allora gli esponenti della mafia non erano mai comparsi in un’aula di tribunale e non erano mai stati quindi condannati. Il Maxiprocesso di Palermo che prese il via nel 1986 a Palermo ebbe luogo nell’aula bunker costruita in tempi record all’interno del carcere Ucciardone.
Pur trattandosi solo del primo grado di giudizio, quel processo segno una svolta radicale nella lotta alla mafia. Tutto inizia a scricchiolare con il pentimento di Buscetta, ma il vero colpo a Cosa nostra non fu messo a segno solo con le dichiarazioni del primo pentito di mafia. Indispensabile fu il lavoro svolto dal pool antimafia portato avanti da Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta. I quattro giudici misero insieme decine di fascicoli riuscendo a portare alla sbarra esponenti di spicco di Cosa nostra.
MAXIPROCESSO DI PALERMO A COSA NOSTRA NEL 1986: LE ORIGINI
Il Maxiprocesso di Palermo a Cosa nostra arriva subito dopo la seconda guerra di mafia a Palermo, che vide i corleonesi imporsi sulla fazione guidata da Bontate e Badalamenti. Nei primi anni Ottanta furono registrate centinaia di vittime di mafia appartenenti alle istituzioni, come il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il commissario Boris Giuliano, il procuratore Gaetano Costa, il giudice Cesare Terranova. Tra le vittime anche poliziotti, carabinieri, giornalisti e politici. La rivoluzione condotta col sangue dai corleonesi portò Buscetta a pentirsi, al punto da giocare un ruolo fondamentale nel Maxiprocesso. Con lui emerse il nome Cosa nostra, la rete di famiglie e mandamenti fino alle regole della mafia. Altra novità fu proprio il pool antimafia formato da giudici istruttori concentrati solo nella lotta alla mafia e formato da Antonino Caponnetto. Furono solo quattro i giudici popolari che decisero di accettare l’incarico; i pm Giuseppe Ayala e Domenico Signorino rappresentavano l’accusa. Alfonso Giordano era il presidente della Corte mentre Pietro Grasso era il giudice a latere.
CONDANNE IN CASSAZIONE: LE FASI DEL MAXIPROCESSO DI PALERMO PER LO STORICO RISULTATO
Nel corso delle prime fasi del Maxiprocesso a Cosa nostra che si svolse a Palermo del 1986 non mancarono le difficoltà: molti testimoni si tirarono indietro e fu lì che ebbero un ruolo fondamentale i collaboratori di giustizia, ben 21. Si trattò di un vero e proprio processo maratona che si svolse sei giorni su sette al fine di scongiurare la scadenza dei termini di custodia cautelare di molti imputati. Anche la camera di consiglio ebbe una durata record: 35 giorni, concludendosi l’11 novembre 1987. Il 16 dicembre giunse l’attesa sentenza che portò alla condanna di 314 imputati con 19 ergastoli e pene detentive per un totale di 2665 anni di reclusione. In 114 furono invece assolti ed in alcuni casi si ebbero delle pene ridotte in Appello ed assoluzioni, queste ultime poi annullate in terzo grado dalla Corte di Cassazione che il 30 gennaio 1992 confermò tutte le condanne emesse nel processo di secondo grado.