Uno dei momenti più attesi del maxiprocesso di Palermo, rimasti impressi nell’immaginario collettivo, è senza dubbio quello della deposizione di Tommaso Buscetta, cui poi seguì il confronto con Pippo Calò. In generale, è un procedimento entrato nella storia in generale, così come in quella della giustizia, perché in aula per la prima volta finirono i vertici di Cosa nostra, sebbene comunque abbia portato a 346 condanne (114 furono invece le assoluzioni).
Il bilancio delle condanne fu di 19 ergastoli e, nel complesso, di 2.265 anni di carcere ai boss mafiosi e i loro uomini. Dovendo trarre una sintesi del maxiprocesso, possiamo citare la tesi di Giovanni Falcone, che trovò infatti conferma nella sentenza.
Cosa nostra era un’organizzazione unitaria e verticistica, i cui dettagli e contorni sono emersi grazie alle rivelazioni del pentito Buscetta, figura al centro del film “Il traditore” in onda oggi su Rai 3, e dell’altro collaboratore di giustizia, Salvatore Contorno, ma ovviamente anche grazie alle indagini del pool. Si arrivò così a ricostruire l’organigramma della mafia e i suoi traffici illeciti, ma furono anche individuati i responsabili di ben 120 delitti.
MAXIPROCESSO, LA SVOLTA CON TOMMASO BUSCETTA
Le rivelazioni di Tommaso Buscetta, che “saltò il fosso” e decise di collaborare con la giustizia, furono fondamentali: raccontò cos’è la mafia, ricostruì traffici e affari, parlò anche di diversi delitti. Erano rivelazioni importanti anche perché fino ad allora non si sapeva praticamente nulla di Cosa nostra, quindi gli investigatori avevano trovato la chiave per scoprire un mondo ignoto. Grazie a quelle rivelazioni si mise in moto la macchina investigativa che portò 366 mafiosi in manette e al maxiprocesso, con lo storico confronto tra “Il traditore” e il cassiere della mafia.
Fu Calò a uscirne sconfitto, tanto che diversi mafiosi che volevano un confronto con Buscetta alla fine si tirarono indietro. Ci vollero 35 giorni per la sentenza di primo grado, un’ora e mezza per leggerla. Ma venne ridimensionata in appello, perché gli ergastoli si abbassarono (da 19 furono ridotti a 12), le pene in carcere furono ridotte di più di un terzo e ci furono 86 nuove assoluzioni. La Cassazione, però, annullò gran parte delle assoluzioni disposte in secondo grado e confermò le condanne, ribadendo l’impianto di primo grado, ma soprattutto sancendo il crollo del muro di impunibilità che aveva eretto la mafia.
IL SISTEMA DEI PENTITI AL MAXIPROCESSO
Il maxiprocesso è storico anche perché fece il suo debutto il sistema dei pentiti: si puntò sulla collaborazione con membri della mafia per raccogliere informazioni utili sulla stessa. Lo dimostra, appunto, il caso Tomasso Buscetta, le cui informazioni furono preziose per capire la struttura di Cosa nostra e come funzionava.
Ma fu anche un processo caratterizzato da casi di violenze e intimidazioni: alcuni giurati e testimoni finirono sotto protezione o si diedero alla fuga. D’altra parte, fu fondamentale per dimostrare forza e determinazione nella battaglia alla mafia e fu un esempio di come la collaborazione tra le istituzioni possa contrastare criminalità organizzata e corruzione.