Il “giornalismo che verrà” comincia a dare i primi convincenti segni di vita. In barba alle previsioni di tanti analisti che avevano decretato l’inevitabile fine del giornalismo (cartaceo e online), dalle periferie del mondo arrivano storie di innovazione e di possibile ripresa. In particolare dall’Ucraina e dalla Sicilia.
Nessuno, per esempio, avrebbe potuto immaginare che la direttrice di Kyiv Independent, un giornale con meno di un anno di vita, potesse conquistare – come accaduto nel maggio scorso – la copertina di Time per meriti di lavoro. Eppure Olga Rudenko, questo il nome della direttrice che guida una squadra di 24 redattori, è riuscita nell’impresa. E lo ha fatto offrendo al pubblico internazionale, nel pieno della guerra in Ucraina, notizie in inglese e un racconto delle notizie attendibile e libero dalle influenze del potere. Due elementi che hanno reso il suo giornale un esempio di buon giornalismo in questo tempo di fast&fake news.
La seconda storia arriva da Catania, dove si tiene (dal 13 al 20 giugno) il quarto Workshop internazionale di giornalismo, con 8 giorni di eventi, 62 speaker nazionali e internazionali e 25 panel aperti al pubblico. Perché parliamo, anche in questo caso, di evento imprevedibile e innovativo?
In primo luogo, perché è organizzato da una testata giornalistica, Sicilian Post, composta da un gruppo di giovani intenzionati ad abbracciare il lavoro giornalistico in un momento storico non proprio felice per la professione e, per di più, rimanendo in Sicilia.
In secondo luogo, perché l’entusiasmo e la bravura di questi giovani colleghi ha permesso un’iniziativa di sistema, coinvolgendo l’università, la Scuola superiore dell’ateneo catanese, l’Accademia di belle arti, l’Ordine dei giornalisti, la Fondazione Domenico Sanfilippo editore, The European House-Ambrosetti, la Rai per il Sociale, il Teatro Stabile e l’hub Isola. E ha ottenuto, inoltre, che main sponsor dell’evento fosse Google, attraverso il programma GNI.
Ma c’è anche un terzo motivo che rende il Workshop di Catania unico nel suo genere: la presenza di numerosi laboratori, vere e proprie botteghe di giornalismo, in cui grandi firme (da Annalisa Monfreda a Matthew Caruana Galizia, da Raffaella Silipo a Fernando De Haro, da Agnese Pini a Luciano Fontana, da Silvia Guidi a Domenico Quirico) dialogano con trenta giovani under 36 (selezionati con bando pubblico) che desiderano conoscere meglio i segreti della buona informazione e contribuire a individuare nuove forme di comunicazione delle notizie.
Quest’anno i partecipanti alla selezione sono stati 104, un segnale di interesse per il giornalismo che, soprattutto fra i giovani, non si spegne. Inoltre, la maggior parte delle domande di ammissione provenivano dal Centro-Nord Italia a testimonianza che anche il Sud può essere attrattivo per il lavoro intellettuale.
Un’ultima considerazione. La presenza dei 30 corsisti (che partecipano a titolo gratuito, dal momento che le borse sono state offerte da diversi sponsor) è un elemento fondamentale dell’evento. L’originalità del Workshop, infatti, sta in un dialogo quotidiano fra giornalisti di provata esperienza e giovani brillanti, gli uni portatori di una saggezza maturata in lunghi anni di mestiere, gli altri di intuizioni e visioni che solo le nuove generazioni possono avere.
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