Impressiona, nell’agosto 2024, la riabilitazione postuma del berlusconismo sulla prima pagina del giornale-partito della sinistra italiana. Che in tutti i giorni di vita del Cavaliere è stato propulsore e collettore di tutte le “lotte” contro di lui: politiche, editoriali, giudiziarie, finanziarie. Testa bassa e sangue agli occhi (“Tutto Tranne Berlusconi”), fin dalla Guerra di Segrate per il controllo di Espresso e Mondadori: uno degli eventi fondativi della “seconda repubblica”.



La “resistenza democratica” di Eugenio Scalfari e Carlo De Benedetti iniziò allora: quasi quarant’anni dopo è il successore emerito del fondatore di Repubblica a certificare uno storico cessate il fuoco. In puro stile staliniano-togliattiano, impressionante ma fino a un certo punto: forse nelle reti degli eredi Berlusconi non è approdata già da tempo l’erede Berlinguer, ultima nella successione in linea retta del Migliore alla testa del Pci?



Impressiona il silenzio del Presidente della Repubblica, che ancora pochi giorni fa ha fatto pubblicamente proprie le preoccupazioni della Ue per la crisi della libertà d’informazione in Italia. E Sergio Mattarella fu tra i ministri della sinistra Dc che si dimisero polemicamente dal governo Andreotti-Craxi nel 1990, quando fu varato d’urgenza il “Decreto Berlusconi”: a sua volta fondativo di un duopolio politico-mediatico fra lo Stato e la famiglia di un futuro premier in una democrazia del G7. Un sistema intatto dopo 34 anni, senza eguali in Europa e dall’Europa da tempo dichiarato illegale.



L’approdo stesso di Mattarella al Quirinale, nel 2015, non è stato che un passaggio di un’ininterrotta intesa “strutturale” tra centrodestra berlusconiano e sinistra Pd/Rai. Il passaggio forse più importante – la ritirata del Cavaliere da Palazzo Chigi nel 2011, patteggiata con Giorgio Napolitano – ha segnato l’inizio del decennio finale e meno problematico per il Cavaliere: che ha visto il suo impero privato costantemente protetto dallo Stato su ogni lato, e ha potuto concludere la sua esistenza da senatore eletto. Non senza che una pattuglia di senatori di Forza Italia – capitanati da Denis Verdini – partecipasse nel 2013 a un ribaltone sui generis, consentendo al Pd di governare per cinque anni – con tre premier – pur avendo mancato per l’ennesima volta il successo elettorale.

Impressiona, comunque, che gli eredi Berlusconi maneggino pubblicamente come una proprietà privata – un lascito paterno – un gruppo di parlamentari eletti, parte della maggioranza di governo. Impressiona che la sinistra della nuova Elly Schlein e i suoi tradizionali giornali-partito cessino improvvisamente un fuoco a lungo violento sul conflitto d’interesse strutturale della “seconda repubblica”, fra famiglia Berlusconi e democrazia costituzionale. Ma oggi anche i costituzionalisti si mostrano più zelanti sul progetto di premierato e sullo spoil-system di FdI sulla Rai, peraltro in nulla diverso da quello adottato nell’ultimo mezzo secolo da Dc, Pci, Psi, Margherita, Pds, Ds, Pd. Da Romano Prodi, Massimo D’Alema, Walter Veltroni, Matteo Renzi. Tutti conniventi dello “status quo televisivo” (a un certo punto la normativa del duopolio consociativo si è perfino chiamata Gentiloni, in seguito premier e oggi commissario Ue uscente).

Impressiona – non da ultimo – che a dare supporto agli eredi Berlusconi siano gli eredi Agnelli, controllori del secondo e terzo quotidiano del Paese (in passato anche del primo). Impressiona la convergenza fra due dinasty, un tempo protagoniste di un duello esemplare fra Avvocato e Cavaliere: fra “opposti capitalismi”, in realtà ambedue fortemente tributari dello Stato. Di eterni contributi e incentivi a fondo perduto la Fiat (oggi francese, mentre la holding Exor è basata in Olanda) e di disparate “regole golden ad aziendam” Mediaset-Mfe, essa pure una “NV” dei Paesi Bassi.

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