Giovanni Toti, dissidente di Forza Italia, ma anche la lealista berlusconiana Maria Stella Gelmini. La pasionaria del Pd renziano, Maria Elena Boschi, e l’eterno funzionario post-comunista Sergio Chiamparino. Franco Bassanini, ultimo dei grandi notabili cattolico-democratici e Roberto Maroni, leghista tardo-bossiano in momentaneo “retiro” come consulente di Mediobanca; ma anche Massimo Garavaglia, salviniano rampante e viceministro dell’Economia in carica. Non ultimo: Vincenzo Spadafora, sottosegretario pentastellato alla Presidenza del Consiglio alle Pari opportunità. C’è l’intero arco costituzionale o quasi nella “Scuola di pragmatica politica” che l’editore del Corriere della Sera, Urbano Cairo, ha scelto di lanciare in una domenica di massima tensione politica, di possibile antivigilia elettorale.
Lo ha fatto nello stile che gli è più consono: con un’inserzione pubblicitaria sul suo quotidiano. Sulla carta l’iniziativa – promossa dalla nuova Rcs Academy in partnership con l’Università di Pavia – è di “formazione d’élite”: sulla falsariga del Workshop di Cernobbio se non proprio del Forum di Davos. Ma il parterre e il richiamo alla “pragmatica” sembrano occhieggiare anche a una delle tante “università della politica” che Silvio Berlusconi (primo patron di Cairo in Fininvest) ha spesso annunciato ma mai veramente realizzato.
Ciò che tuttavia spicca è la diretta discesa in campo del Corriere: con la testata e con lo stato maggiore redazionale pressoché compatto. C’è il direttore Luciano Fontana, il vicedirettore operativo Venanzio Postiglione, tutte le firme politiche, di ogni orientamento (Aldo Cazzullo, Antonio Polito, Francesco Verderami, Massimo Franco, Pierluigi Battista); oltre al caporedattore “investigativo” Fiorenza Sarzanini e a Gianantonio Stella, “inviato a vita” nel Nord-est e in tutti i territori della Casta. Brillano per la loro assenza, è vero, i due “direttori onorari”, oggi editorialisti-bussola: Paolo Mieli e Ferruccio De Bortoli, i piloti dioscuri di via Solferino nella Seconda Repubblica, equivicini a Romano Prodi e a Carlo Azeglio Ciampi, a Enrico Cuccia, Giovanni Bazoli e Mario Draghi. Ma è una stagione che appare ormai superata.
Il Corriere di Cairo sembra intanto proporsi come nuovo giornale-partito-azienda in una Terza Repubblica ancora tutta da costruire. L’editore cui il vero proprietario (Intesa Sanpaolo) ha affidato tre anni fa il più antico e diffuso quotidiano italiano appare uno dei pochi e momentanei punti fermi Il resto – quale “azienda” e quale “partito” potranno vedere la luce, se mai la vedranno – è un altro mazzetto di carte coperte al tavolo politico-finanziario delle prossime settimane.