Lunedì sera Vivendi e Mediaset hanno annunciato un accordo che mette fine a cinque anni di litigi dopo la rottura della partnership su Mediaset Premium. Con l’accordo Vivendi si impegna a favorire lo sviluppo internazionale di Mediaset votando a favore dell’abolizione del meccanismo del voto maggiorato e del trasferimento della sede legale di Mediaset in Olanda.
La società francese si impegna anche a cedere il 5,0% delle azioni Mediaset a Fininvest e un altro 19,19% sul mercato nei prossimi cinque anni con il diritto della società italiana di acquistare le azioni a prezzi definiti. Lo scontro tra le due società negli ultimi cinque anni ha pesantemente influenzato le scelte dei due gruppi sia sul mercato italiano che su quello continentale.
Mediaset cerca da anni di trasformarsi in un gruppo europeo per poter reggere meglio la competizione in un mercato in cui sono entrati nuovi concorrenti, tra cui Netflix, Youtube e non solo. Ieri le azioni di Mediaset Espana hanno fatto meglio del listino; gli investitori scommettevano che, libera dalla polemica con Vivendi, Mediaset possa riprendere con rinnovato vigore il percorso di consolidamento in Europa. La società italiana ha già provato, senza successo, a completare la fusione con la controllata spagnola ed è diventata l’azionista di maggioranza della tedesca Prosiebensat rastrellando azioni sul mercato. Il percorso di consolidamento è difficile perché il libero mercato nel settore televisivo si scontra con la politica e i “sistemi Paesi” per le conseguenze che la “televisione” ha sull’opinione pubblica. Questo vale anche all’interno dell’Unione europea. Il successo di Mediaset passerà quindi dai risultati che avrà in Europa e dalla capacità di portare a termine il consolidamento.
Vivendi è in una posizione completamente diversa. La società francese è azionista di maggioranza relativa di Tim, già Telecom Italia, e ha provato a inserirsi nel mercato “pay per view” italiano senza successo. Occorre a questo punto fare una premessa. La televisione “pay per view” ha dei punti di contatto con le società di telecomunicazione che la tv generalista non ha. Il cliente della tv generalista è un’impresa che compra “audience” pagando la pubblicità; lo spettatore della tv generalista non paga e viene “venduto” all’inserzionista. Il cliente di una pay per view, invece, come per le società telecom, è anche e soprattutto un utente privato o una famiglia che paga per avere contenuti: partite ed eventi sportivi live ma non solo. La clientela di Sky, per fare un esempio, è assimilabile a quella di chi offre banda larga e infatti le offerte congiunte si vedono da anni anche in Italia; i database dei clienti sono gli stessi. Aggiungere a un’offerta di banda larga un contenuto “televisivo” ha senso industriale perché, dal punto di vista commerciale, rafforza l’offerta e la presa sul cliente e dal punto di vista economico produce sinergie.
Il futuro strategico di Mediaset è in un certo senso segnato anche se il successo non è affatto garantito in un settore complicato. Il futuro di Vivendi invece è più interessante e in un certo senso, in Italia, si è fermato dopo la rottura con Mediaset sul segmento “pay per view”. È possibile che riprenda da quelle basi, libera dai condizionamenti della partecipazione in Mediaset, facendo leva su altri attori del mercato e sulla propria partecipazione in Tim.
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