I medici di base saranno profondamente coinvolti nella rivoluzione che la sanità italiana si appresta ad affrontare con l’avvento dei miliardi provenienti dal Recovery Fund (7, per la precisione). Dopo le criticità del nostro sistema messe a nudo dalla pandemia di Coronavirus, si avverte con forza l’esigenza di puntare sul restyling di un settore cruciale per la nostra esistenza e per il quale dall’Europa giungerà una somma considerevole, da utilizzare in un arco temporale pari a cinque anni, al fine di rivoluzionare profondamente il modello di sanità presente nel Belpaese.



Ad approfondire l’argomento sulle colonne de “Il Corriere della Sera” sono Milena Gabanelli e Simona Ravizza, le quali sottolineano che a settembre arriverà l’approvazione definitiva dell’Ue e, da quel momento, Speranza avvierà la riforma, che poggia su cinque pilastri fondamentali. Il primo di essi si chiama “case della comunità”, che riuniranno in un’unica struttura di quartiere i medici di famiglia, gli specialisti, infermieri e assistenti sociali, garantendo esami diagnostici, assistenza dalle 8 alle 20 e la presenza di una guardia medica di notte. Ci sarà spazio anche per gli “ospedali di comunità”, per ricoveri brevi e cure a bassa intensità, gestiti prevalentemente da infermieri e con una capienza da 20 a 40 posti letto.

MEDICI DI BASE E NON SOLO: COSÌ CAMBIA LA SANITÀ ITALIANA

La sanità italiana subirà modifiche anche per quanto riguarda i medici di base, come sottolineano Gabanelli e Ravizza su “Il Corriere della Sera”. Essi, infatti, oggi sono liberi professionisti convenzionati, ma l’Europa, per erogare il cospicuo finanziamento previsto all’interno del Recovery Fund, richiede una revisione dei parametri d’ingaggio. In particolare, Speranza sarà chiamato a una decisione complicata, che prevede la loro trasformazione in dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale o in un ibrido (esternalizzazione del loro operato: rimarrebbero liberi professionisti convenzionati, ma arruolati da cooperative intermedie che offrono copertura nelle case delle comunità). Gli ultimi due punti riguardano le cure domiciliari (serve portare i pazienti seguiti a casa dai 701.844 di oggi a oltre 1,5 milioni) e le Centrali operative territoriali (Cot), che avranno un ruolo di coordinamento e collegamento dei vari servizi sanitari territoriali, sostenendo lo scambio di informazioni tra gli operatori sanitari e facendo da punto di riferimento per i familiari caregiver. Quali saranno le tempistiche? Gabanelli spiega che “la ricognizione dei luoghi dove fare sorgere case e ospedali di comunità è prevista per l’autunno, la definizione esatta della via entro marzo 2022”.

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