Con il Covid la medicina sociale è tornata centrale, ma solo nelle intenzioni. La “trincea” dei medici di famiglia non era preparata e non a caso ci sono state diverse vittime. Nella prima fase sono mancate delle linee guida nazionali: sull’assistenza e la sorveglianza ognuno ha fatto quel che ha potuto o voluto. Poi è arrivato un protocollo sanitario per la gestione post-emergenza Covid negli ambulatori medici. Peccato che l’emergenza non sia mai finita, di conseguenza le linee guida per il personale di segreteria, per i percorsi, per l’ambulatorio e la gestione dei pazienti, dei casi sospetti o in situazione di emergenza, su sanificazione e disinfezione, nonché sui dispositivi di protezione individuale e dispositivi medici, rappresentano solo una base di partenza. Una prima bussola che ha permesso ai medici di famiglia di capire cosa fare. Ma evidentemente ciò non basta e il fatto che la medicina territoriale si sia rivelata fallimentare lo dimostra. In Italia ci sono oltre 500mila persone in isolamento domiciliare, mentre un malato su tre che è ricoverato potrebbe essere seguito a casa.
MEDICI DI FAMIGLIA, MANCA ACCORDO PER TAMPONI RAPIDI E…
Bisognerebbe adeguare il contratto ai compiti supplementari che vengono richiesti, peraltro il vecchio già aveva delle falle normative sull’assistenza. Inoltre, il medico di famiglia non dovrebbe lavorare solo, ma in gruppo, con la collaborazione di infermieri domiciliari e in ambulatorio, usufruendo dell’informatica comune. Ma c’è anche il nodo burocrazia. Il lavoro dei medici di famiglia è disciplinato da accordi collettivi triennali sottoscritti dai sindacati e dalla Conferenza Stato-Regioni, quindi – come spiega il Corriere della Sera – ogni prestazione aggiuntiva passa da una contrattazione sindacale. E in una fase di emergenza ciò inceppa il sistema. Pensiamo alla vicenda dei tamponi rapidi. La settimana scorsa c’è stato un incontro per stilare il protocollo sanitario da applicare negli studi medici. Il decreto Ristori ha stanziato 30 milioni di euro per consentire di eseguire 2 milioni di test antigenici rapidi. Ma l’accordo è stato firmato solo da Fimmg (Federazione dei medici di medicina generale), non da altre sigle, secondo cui il testo va modificato prevedendo un’adesione su base volontaria e inserendo garanzie di sicurezza. Una situazione così frammentaria complica la situazione e impedisce ai medici di famiglia di operare anche per abbassare la pressione sul sistema sanitario nazionale.