La pandemia, in questo lungo periodo emergenziale, ha evidenziato tutti i limiti dell’organizzazione del sistema di cura nel nostro paese che da tempo richiede una profonda riforma. La maggioranza dei medici di famiglia, con sacrificio, generosità e senso di responsabilità, ha garantito l’assistenza ai cittadini in un contesto condizionato da anni di disinvestimento soprattutto sul sistema delle cure territoriali.
Come Fimmg sottolineiamo con preoccupazione l’esclusione della professione medica dal Pnrr, dove sono stati privilegiati investimenti sulle strutture edilizie più che sui professionisti.
L’esperienza della pandemia, come tutte le grandi crisi, rappresenta una grande opportunità per la riorganizzazione delle cure territoriali e, in modo particolare, della medicina generale. Le proposte, a nostro avviso inquinate da un approccio eccessivamente ideologico e al tempo stesso contraddittorio e limitate dalla mancanza di una concreta valutazione supportata da dati in termini di risorse umane, costi, caratteristiche della domanda di servizi, che vedono nel superamento del rapporto convenzionato e nel passaggio a un rapporto di dipendenza o a un sistema di accreditamento simile a quello degli erogatori privati, qualora applicate, determinerebbero un sicuro peggioramento della qualità dell’assistenza.
Vogliamo garantite la libertà di scelta del cittadino, il suo riferimento a un medico “di fiducia”, che continui e sviluppi la sua autonomia in un contesto di prossimità e capillarità, dotandosi di personale, di strumenti innovativi e di un’organizzazione fondata su strutture associative complesse.
Recentemente l’Ocse ha sottolineato i reali “punti di debolezza” delle cure primarie e con esse anche della medicina generale: risorse, organizzazione, incentivi, valutazione. È su queste quattro aree che va concentrata l’attenzione e aperto un serio confronto per trasformare, con una più robusta medicina generale, i sistemi sanitari, rendendoli più inclusivi, sostenibili e performanti.
L’esperienza della pandemia ha evidenziato i fallimenti dovuti soprattutto alla inadeguatezza e alla frammentazione di alcune aree di intervento della sanità territoriale. Le Case di comunità possono rappresentare indubbiamente un’ulteriore opportunità assistenziale, ma solo se realizzeranno un’offerta integrativa e non sostitutiva nel sistema attuale: è chiaro l’hardware (le strutture edilizie) meno chiaro il software (cosa ci si fa dentro).
La riorganizzazione della medicina generale è e resta la risposta a questo fondamentale problema, rappresentando un sistema di “sanità diffusa” vicina alle persone sia in termini fisici sia di aderenza alle richieste. Sono diverse le criticità da risolvere, se si vuole andare oltre l’esercizio teorico, senza strumenti operativi che permettano di offrire una vera efficacia al sistema delle cure nei diversi territori del nostro paese:
1) risorse economiche insufficienti (limitate alla sola contrattazione con Sisac) a garantire uno standard uniforme: in ogni studio medico, oltre al medico di famiglia deve essere prevista, come livello essenziale, la presenza di un assistente di studio e di un operatore sanitario;
2) compenso sbilanciato verso la quota capitaria fissa rispetto al riconoscimento di performance e raggiungimento di obiettivi di salute;
3) contrattazione decentrata eccessivamente disomogenea negli obiettivi e nelle risorse investite. Ad un sistema di incentivazioni a macchia di leopardo, fondate su trattative anche di livello aziendale, va sostituito un sistema più certo, fondato su solidi requisiti e attività, definiti a livello nazionale e adeguati a livello regionale;
4) rallentamento dei rinnovi contrattuali, che fissano l’ultimo vero Accordo al 2005;
5) scarsa diffusione di strutture associative complesse (per lo più cooperative mediche) in grado di fornire anche centri servizi e piattaforme per la gestione dei pazienti cronici e di programmi di telemonitoraggio domiciliare (molte sono le esperienze diffuse sul territorio nazionale e varrebbe la pena di studiarle e riprodurle adattandole alle diverse realtà territoriali, ma anche qui è impensabile delegare alla sola trattativa con la Sisac).
E’ per questa serie di considerazioni che l’attuale stato giuridico del medico di medicina generale (libero professionista convenzionato) deve essere conservato e potenziato. Giudicare il rapporto di lavoro libero professionale convenzionato come un qualcosa di vetusto e inadeguato a rimodulare le attività dell’assistenza primaria rappresenta una visione miope, che testimonia la scarsa capacità di cogliere quanto il periodo post pandemico può dare nel consentire maggiore possibilità di accesso, omogeneità ed efficacia del sistema sanitario pubblico nell’intero territorio nazionale.
Ingabbiare la medicina generale in rigide strutture dipartimentali con la logica, le rigidità e le esigenze del pubblico impiego, non favorisce certo l’umanizzazione delle cure, non risolve, anzi acuisce, i problemi dell’apparato tecnostrutturale, spersonalizza e rende anonimo il rapporto medico-paziente, riportando l’attività clinica a un mero rapporto medico-struttura e paziente struttura, intollerabile in una relazione di cura che deve durare oltre il ciclo di una malattia, spesso per un’intera vita, come dimostrato, al di là dei sentimentalismi, da quanto sta avvenendo, specie nelle realtà di provincia, in occasione dei numerosi pensionamenti.
Lo strumento per determinare la riorganizzazione della medicina generale è certamente un nuovo Accordo collettivo nazionale, che dovrà prevedere adeguati strumenti per il raggiungimento degli obiettivi fin qui descritti:
1) definizione di uno standard clinico assistenziale e organizzativo della medicina generale per attività clinico-assistenziali uniformemente garantite sul territorio nazionale;
2) il singolo Mmg, attraverso l’Acn, è titolare del rapporto fiduciario e di libera scelta del cittadino;
3) l’offerta assistenziale, sulla base dei criteri definiti dal contratto nazionale viene garantita dal Microteam – unità elementare Mmg, personale sanitario e amministrativo – il cui standard organizzativo minimo deve essere individuato in base ai compiti assistenziali e definiti nell’atto di indirizzo e in un nuovo Acn;
4) obiettivi di salute prioritari. La medicina generale resta il primo e principale attore della presa in carico del singolo cittadino, della famiglia e della comunità a lui affidata nel campo della:
• prevenzione, dagli stili di vita, alla vaccinazione, alla promozione agli screening;
• gestione della cronicità attraverso lo strumento della medicina di iniziativa, affermando il ruolo di fulcro della medicina generale attorno a cui si sviluppa il Piano nazionale della cronicità;
• gestione delle acuzie non complicate, attraverso un modello di risposta assistenziale h24 sette giorni su 7, anche attraverso l’integrazione con altri servizi;
• domiciliarità e residenzialità come luogo di cura e assistenza privilegiato per la non autosufficienza, disabilità e fine vita in linea con gli obiettivi del Pnrr;
• sorveglianza epidemiologica: grazie alle funzioni di diagnostica di primo livello ad oggi è possibile configurare anche alla luce del prossimo Piano pandemico nazionale, una rete di sorveglianza per le principali malattie infettive conosciute e per quelle la cui presenza si sta evidenziando nel nostro Paese;
• diagnostica di I livello: nell’ambito del modello organizzativo standard della medicina generale è necessario che il Microteam si doti di adeguati strumenti di diagnostica di I livello per il raggiungimento degli obiettivi assistenziali integrati in cooperazione applicativa con i sistemi informatici regionali e\o nazionali;
6) ristrutturazione del compenso. L’evoluzione organizzativa della medicina generale attraverso la definizione di uno standard organizzativo e strutturale determina una revisione dei meccanismi di compenso che si riferiscano in maniera più incisiva alla performance dimostrata;
7) rendicontazione degli enormi volumi di attività svolta e relativa raccolta e analisi dati, al fine di poter misurare il Lea Medicina generale, come già avviene per gli altri livelli di assistenza ospedaliera e territoriale;
8) lo standard organizzativo e strutturale è requisito per il convenzionamento.
Per la realizzazione di quanto descritto è necessario individuare, nella prossima Legge di bilancio, un finanziamento specifico e adeguato, per fornire alla medicina generale risorse umane, professionali e strumentali, che ne consentano l’evoluzione, premessa per un nuovo Acn, sulla base di un atto di indirizzo in linea con le necessità di sviluppo delle cure territoriali e non legato alle dinamiche contrattuali della dipendenza.
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