Fino a pochi mesi fa le cronache mediche erano piene di rapporti che mostravano episodi di violenza in aumento contro medici e infermieri. I giornali erano soliti riportare notizie cliniche principalmente su casi di malasanità o errori medici. All’improvviso, all’ombra del nefasto coronavirus, si legge solo di medici–eroi: il 24 marzo è apparso sul sito della Cnn un articolo dal titolo “I veri eroi moderni sono gli operatori sanitari”, e il 24 aprile, su questa traccia la Bbc ha chiesto: “Il coronavirus cambierà il modo in cui definiamo gli eroi?” con riferimento agli sforzi dei caregiver Covid–19. “Dalle stalle alle stelle”, possiamo dire; ma attenzione: non è tutto oro quel che luccica, perché c’è un alto rischio che tutta questa santificazione possa finire presto e portare nuovamente a uno scenario in cui gli operatori sanitari sono di nuovo vilipesi.



Nei secoli andati, i medici erano diventati “semidei”. Questa prospettiva è stata messa in discussione nel tempo per l’emancipazione e la crescita morale della popolazione. In anni più recenti, gli operatori sanitari sono stati spesso in una luce negativa e il motivo sembra evidente: l’assimilazione di infermieri e medici a qualsiasi altro lavoro misurando i costi, gli effetti e la soddisfazione degli utenti per apprezzare i loro sforzi. Il rapporto caregiver–paziente è stato ridotto a un contratto, con eventuale assenza della “soddisfazione del cliente” o dell’adempimento a volte irrealistico delle clausole contrattuali.



Nelle ultime settimane questo scenario è stato sovvertito, eccedendo dall’altro lato della medaglia. Con la minaccia mortale del coronavirus, le persone si sono sentite sole, spaventate e hanno visto che infermieri e medici non sono solo “operatori sanitari”; ma, sbagliando, si sono spinti troppo oltre in questa rivalutazione: ora, l’immaginario collettivo li identifica come eroi.

C’è troppa idealizzazione in questo: medici e infermieri non devono essere identificati con “malasanità”, ma non sono né superuomini né superdonne. La gente sembra adorarli, e anche i politici tendono ad abdicare al loro potere decisionale a favore dei medici: agli “esperti scientifici” viene chiesto, in questi giorni, di fornire loro forti certezze.



Ciò svela un primo difetto: gli esperti non possono dare certezze forti e definitive, almeno nella modalità ultima che gli si chiede di dare, perché gli esperti rispondono a ciò che gli viene chiesto; quindi, se l’unica richiesta è quella di informare i politici in merito a quando la quarantena finirà, non possono rispondere; perché questa risposta richiede di considerare non solo le questioni di salute, ma anche gli aspetti economici e sociali della pandemia Covid, e anche perché l’epidemiologo può rispondere sull’epidemiologia e il virologo o l’intensivista solo per i rispettivi campi. Delegare questioni politiche ai tecnici, e in questo caso agli esperti sanitari, riflette un tema ampiamente dibattuto in ambito filosofico.

L’attività politica, morale e anche religiosa oggi sembra essere subordinata ai dati tecnici, che non possono però dare certezze granitiche sociali o normative; la politica non è più una funzione di elevati principi o alte funzioni umane (filosofia o etica). Quindi viviamo nell’attesa di una risposta definitiva e lungimirante che arrivi da un luogo da cui non può venire: la Tecnica. Questo è il rischio di una tecnica disincarnata e disincantata, finalizzata all’utile e non alla bellezza. Il tecnico (biologo, architetto, medico, insegnante, infermiere) non è più educato a guardare in alto, ma semplicemente a rispondere al suo lavoro/funzione.

Ciò che preoccupa non è il potere della tecnologia, ma il passo indietro compiuto dalla coscienza, dalla cultura e dalla politica, trasformando l’etica e le virtù in un pedissequo seguire protocolli tecnici. Non è una semplice coincidenza che le persone cerchino eroi in un’epoca disorientante e nel mezzo di una pandemia disorientante. I medici vengono glorificati dopo essere stati attaccati; ma citiamo Bertoldt Brecht: “Sfortunato il paese che ha bisogno di eroi”. Brecht non voleva prendere in giro gli eroi, ma compativa coloro che ne avevano bisogno, perché la ricerca di eroi avviene quando le persone vivono nel silenzio, in una vita solitaria e grigia, così come quando coloro che sono responsabili della politica e delle questioni morali hanno abdicato al loro ruolo in favore di chi gestisce la tecnologia.

Oggi medici e infermieri sono sicuramente in trincea, a contatto con un cattivo nemico: Covid–19. Molti danno molto di più di quanto richiesto dai protocolli, molti sono incoraggiati a farlo, e vediamo quanta solidarietà interregionale e internazionale è nata in questi giorni. Tuttavia, l’idealizzazione dei caregiver come eroi è certamente sorprendente e indebita, come se le persone cercassero nel medico qualcosa di decisamente più che un forte alleato: una sicurezza sacra e granitica.

Questa eroica glorificazione rischia di essere una bolla di sapone: se il sistema non cambia, questo scenario di “Alleluia” verso infermieri e medici sarà di breve durata. La maggior parte dei medici e degli infermieri sono insoddisfatti e stanchi di chiedere inutilmente un sistema sanitario migliore. Questa glorificazione sarà una bolla se quelli che vogliono essere gratificati dal proprio lavoro continueranno ad essere considerati solo “impiegati”, impegnati con i loro pazienti non per fiducia ma per contratto. Medici e infermieri hanno bisogno di un sistema sanitario in cui il rapporto caregiver–paziente non sia tutto basato su informazioni rapide ed estorte, dove i caregiver non si nascondano dietro pagine fredde di consensi illeggibili da firmare, dove gli operatori sanitari hanno motivazioni continue, e in cui l’umanità non è oscurata dalla burocrazia, una pletora di test clinici inutili e protocolli. Approfittiamo di questo scenario transitorio, per riaffermare cosa sono veramente infermieri e medici, cosa vogliono e cosa le persone possono realisticamente aspettarsi da loro.

Infine, il ruolo della politica non dovrebbe più essere quello di trasferire agli esperti il suo ruolo di decisori e coordinatori della vita pubblica, perché gli operatori sanitari sono solo uno dei possibili gruppi di  esperti che possono fornire consigli ai decisori. Allo stesso tempo, i caregiver dovrebbero ricevere più motivazione perché non sono eroi o santi; non sono nemmeno semplici dipendenti, ma l’immagine di “eroi” rischia di mettere in ombra il loro vero ruolo.

L’articolo è un estratto della versione più ampia, pubblicata in inglese con il titolo “Nurses and Doctors Heroes? A Risky Myth of the COVID19 Era”, sulla rivista scientifica internazionale “Nursing Reports” dell’ottobre 2020.

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