Medici no vax sospesi senza stipendio: un argomento sul quale nelle scorse ore si è espresso il Tar Lombardia, rimandando il caso alla valutazione della Consulta e ravvisando tracce di possibile incostituzionalità nella legge che lascia senza lavoro e sostentamento economico gli operatori sanitari che non si vaccinano contro il Coronavirus. Infatti, l’attuale disciplina normativa mette il dipendente inadempiente all’obbligo vaccinale di fronte a una scelta obbligata: farsi vaccinare oppure essere sospeso dal servizio senza salario e senza trattamenti economici.



Tuttaiva, secondo il Tar Lombardia, tale assetto “si rivela sproporzionato rispetto alla realizzazione del fine di tutela della salute pubblica, in quanto l’esito del bilanciamento dei rilevantissimi interessi coinvolti, effettuato dal legislatore nell’esercizio dell’ampia discrezionalità politica, conduce a un risultato implausibile. È infatti eccedente il necessario limite di ragionevolezza in una regolamentazione che, seppure introdotta in una situazione emergenziale, trascura il valore della dignità umana, specie ove si consideri che la sospensione da qualunque forma di ausilio economico del dipendente non trova causa nel venir meno di requisiti di ordine morale”.



MEDICI NO VAX SOSPESI SENZA STIPENDIO, TAR LOMBARDIA: “SI POTEVA PENSARE AL REDDITO DI CITTADINANZA O A UN ASSEGNO”

L’automatico stop allo stipendio dei medici no vax “rischia di creare un’irragionevole disparità di trattamento con tutti gli altri tipi di sospensione dal servizio di natura preventiva, quali appunto la sospensione cautelare del dipendente disposta nel corso di un procedimento disciplinare o penale, casi in cui viene invece percepita una quota della retribuzione a titolo assistenziale”.

A detta del Tar, non è possibile neppure ragionevolmente sostenere che la mancata corresponsione di una misura di sostegno per tutto il periodo di durata della sospensione dal servizio sia “un sacrificio tollerabile rispetto ai fini pubblici da perseguire. Al dipendente che scelga di non adempiere all’obbligo vaccinale, infatti, viene richiesto un sacrificio la cui durata non è in grado né di prevedere né di governare, visto che le misure precauzionali adottate dal legislatore non si prestano ad essere inquadrate entro una cornice temporale certa e definita, a causa dello sviluppo oggettivamente incerto e ricorrente dell’andamento della pandemia”. Ecco allora che il Tar chiama in causa la consulta, sottolineando che la scelta legislativa di una preclusione assoluta alla percezione di una forma minima di sostegno temporaneo alla mancanza di reddito “sembra essere andata di gran lunga oltre il necessario per conseguire l’obiettivo di tutela”, fine che “avrebbe potuto essere realizzato, con pari efficacia, mediante la previsione di un adeguato sostegno economico, con finalità analoghe ai vigenti sussidi quali assegno sociale o reddito di cittadinanza”.