La medicina ayurvedica potrebbe essere utile per trattare malati Covid? È questo il punto di partenza di una ricerca condotta dalla NIMS University di Jaipur, nel Rajasthan (India). Si tratta del primo studio clinico realizzato sull’Ayurveda, una terapia fatta di 5 azioni differenti per riequilibrare le proprie energie vitali. Nello specifico, trattamenti con olii e polveri, assunzioni di sostanze erboristiche naturali, consigli alimentari, piccole abitudini di vita ed esercizio fisico come yoga e tecniche di rilassamento e respirazione profonda. I risultati di questo studio clinico sono stati pubblicati su ScienceDirect. Il primo è che la terapia ayurvedica ha un effetto moderatore sui marcatori pro-infiammatori. Inoltre, riduce la probabilità di subire la cosiddetta “tempesta citochinica“, che aggrava il decorso del Covid.
«Nel complesso, il regime di trattamento ayurvedico ha facilitato il recupero accelerato dall’infezione SARS-CoV-2 senza alcun effetto negativo osservato. Quindi, questo studio ha dimostrato l’idoneità dell’impiego della medicina tradizionale indiana ayurvedica nel trattamento della COVID-19», scrivono i ricercatori indiani.
COVID E MEDICINA AYURVEDICA: STUDIO IN INDIA
Secondo i ricercatori indiani Ashwagandha (Ginseng indiano), Tulsi (Basilico sacro), Giloy (Guduchi), Swasari e Anu Taila promuoverebbero una rapida eliminazione del coronavirus. Inoltre, possono controllare la cascata infiammatoria causata da Sars-CoV-2. Questo li spinge a ritenere che il regime di trattamento ayurvedico testato in questo studio offre potenzialmente benefici a lungo termine per la salute dei polmoni. Sono due le implicazioni significative di questo studio. In primis, la possibilità di ridurre-prevenire la trasmissione tramite la “rimozione” dei super diffusori, ma anche di evitare l’aggravamento del decorso della malattia, oltre che acquisire conoscenze sui pazienti asintomatici in India.
Questo è però proprio uno dei limiti di questo studio: sono stati infatti coinvolti soggetti asintomatici o con lievi sintomi. «Questo studio pilota è stato condotto su pazienti asintomatici e leggermente sintomatici, quindi non si possono trarre conclusioni su pazienti gravi, o quelli con comorbidità», precisano i ricercatori, secondo cui sono necessari ulteriori e più approfondite ricerche. Ma questo è considerato un primo passo quantomeno per ridurre la circolazione del virus, visto che gli asintomatici tendono inconsapevolmente a favorirla.