Con la quasi unanimità dei voti la Commissione Istruzione del Senato ha approvato il nuovo decreto che abolirà (da un lato) il test di ingresso alle università di Medicina e (dall’altro) il numero chiuso negli atenei: una risposta, almeno sulla carta, alla grande carenza di personale a cui assistiamo ormai da decenni, ma che solo il covid ha dimostrato i suoi effetti drammatici. Per comprendere meglio la portata dell’eliminazione del (temuto) test di medicina, la redazione dell’Huffington Post ha interpellato il professor Rosario Rizzuto, docente di Patologia generale a Padova, ma anche ex direttore del dipartimento di Scienze Biomediche e Rettore della stessa facoltà in cui insegna.
Un decreto, spiega immediatamente, che secondo lui rappresenta la voglia di “rispondere emotivamente ad una necessità oggettiva”, quella di nuovi medici, e ad una “pressione sociale che chiedere una misura popolare” quale è (appunto) la rimozione del test di Medicina e l’abolizione del numero chiuso. Una misura certamente positiva “per i giovani” aspiranti medici, che affidano al quizzone “il loro futuro”; ma al contempo anche negativa per almeno due fattori, sempre secondo Rizzuto: da un lato, a fronte di un aumento di studenti, “la qualità della formazione ne risentirà“, mentre dall’altro (ed è “quello che mi preoccupa moltissimo”), non si può garantire ai nuovi medici un vero futuro lavorativo.
Rosario Rizzuto: “La sanità ha bisogno di programmazione, non del test eliminato a medicina”
Concentrandosi a lungo su questa seconda preoccupazione, Rizzuto parte dal ricordare che il percorso di Medicina (con o senza test, poco importa) dura “11 anni prima che i ragazzi entrino nella propria vita professionale”. Facendo un passo indietro, però, sottolinea che “adesso c’è una carenza di medici perché è andata in pensione la generazione del numero spalancato” ed è evidente che quando i nuovi medici del numero aperto inizieranno la loro carriera, lo faranno solo “quando andranno in pensione quelli entrati col numero chiuso”. Insomma (usando altre parole) secondo Rizzuto con l’accesso a medicina senza test “si creerà un’eccedenza. Quando avranno finito il loro percorso di studi con ogni probabilità [i nuovi medici] non troveranno posto di lavoro”.
La soluzione, spiega, andava trovata prima, con un’attenta “programmazione” di ingressi e uscite che non è mai stata veramente fatta, che si dovrebbe accompagnare anche ad un efficientamento generale del sistema, perché è chiaro che si devono dare ai ragazzi “le giuste prospettive, i posti nelle scuole di specialità”. La vera rivoluzione a medicina, secondo Rizzuto, non sarà tanto l’eliminazione del test, quanto un ipotetico sistema di assunzioni anticipate “già verso la fine della specialità, accelerando il processo di maturazione” dando una risposta a tutti “quei ragazzi che tra 11 anni probabilmente non avranno un posto di lavoro. Solo la programmazione”, conclude, “garantisce i diritti di tutti: di chi ha bisogno di cure e di chi intraprende questo percorso”.