C’è un giudice a Pavia: assolta imprenditrice che non ha versato le tasse per pagare lo stipendio a 250 lavoratori, cioè famiglie. Legalità.

Ce n’è uno anche a Bergamo: medico fiscale dell’Inps non risparmia a malata terminale in cure palliative in un hospice le procedure di controllo se ha diritto all’assenza per malattia, umilianti per una signora in fin di vita che morirà due giorni dopo. Legalità.



Ohibò. Legalità che sembrano antitetiche. Com’è possibile?

Cominciamo col dire che sono trent’anni che ci stracciano le energie di sopportazione con la storia che la legalità è regola chiara, trasparente e oggettiva, del tutto sottratta al libero arbitrio degli uomini e pertanto salvifica. Che trattasi di colossale fandonia qualcuno ha cominciato a sospettarne nella primavera del ’92, constatando le prime pieghe poco oggettive che andava prendendo l’operazione Mani Pulite. Forse qualcuno non se ne è ancora accorto adesso. Chissà, in queste due piccole storie di legalità può trovare materia di riflessione critica: si fa presto a dire giustizia.



Già il buon don Lisander Manzoni, capitolo 3 dei Promessi Sposi, ci mostra due modi di intendere la giustizia: quella del dottor Azzeccagarbugli che difende i potenti e manda a ramengo i deboli, e quella del miracolo delle noci, che premia i buoni, delude i cattivi e si adopera perché chi non ha riceva qualcosa da chi ha.

Dunque le storie.

L’Azzeccagarbugli dell’Inps. All’hospice di Gorlago, Bergamo, è ricoverata la signora Virginia, malata terminale per cancro ai polmoni. Cure palliative in attesa della fine. All’hospice è così, non è che ci si va per una diarrea. La dottoressa fiscale – ma quanto fiscale! – arriva per visita di controllo. Hospice sì, hospice no, vediamo se il medico di base ha dichiarato il vero. Macché cartella clinica! Respinge le obiezioni dei medici dell’hospice: “Voi fate il vostro lavoro, io devo fare il mio”. Umiliante visita alla moriente, richiesta di apporre regolamentare firma autografa sulla regolamentare scartoffia.



È il 7 novembre. La forma malcerta e tremolante della terminale accetta la proroga della malattia sino al 10 dicembre. Muore il 9 novembre, due giorni dopo. L’Inps recupera un mese, con tante scuse: “Ci scusiamo, accertamenti di routine che scattano dal nostro sistema informatico. Certo, quando ha visto di cosa si trattava, si sarebbe dovuto astenere dal visitare la paziente. Purtroppo spesso abbiamo a disposizione medici a contratto, non sempre formati a dovere sulle procedure da adottare”.

Routine. Procedure. Formazione (mancata). E la testa? La ragione? La libertà? Il minimo di rischio, senza cui nessuna responsabilità si esercita?

Miracolo (delle noci) a Pavia. Il caso pavese riguarda la Cipi Holding srl di Sannazzaro de’ Burgondi, azienda florida per decenni, produttrice di apparecchiature meccaniche per impianti petrolchimici. Decenni di solida attività. Poi la crisi. Dal 2011 al 2015 l’azienda non aveva pagato Iva e ritenute per 3,5 milioni di euro. “L’azienda è entrata in una crisi stringente, i volumi di fatturato non erano più quelli del florido mercato, e l’imprenditrice si è trovata ad un bivio: scegliere se pagare dipendenti e fornitori, oppure pagare le tasse”, ha dichiarato l’avvocato difensore Luigi Ferrajoli.

Scattarono le perquisizioni della Guardia di Finanza; nel 2017 era scattato il sequestro degli immobili e il blocco dei conti. Aumentando le difficoltà della titolare, che aveva già in corso la rateizzazione del debito con l’Agenzia delle entrate. Ma lei non ha mollato: continuare a lavorare e pagare gli stipendi, prima di tutto.

Parte la causa legale. Finisce che i giudici l’hanno assolta dall’accusa di evasione fiscale, ordinando il dissequestro di conti e beni dell’azienda e personali. Essi hanno “la punibilità dell’imprenditore che ometta il versamento di imposte regolarmente dichiarate e liquidate al solo scopo di garantire la continuità aziendale e, in un momento di crisi economica quale quello attuale, nell’intento di preservare posti di lavoro, continuando a garantirne la retribuzione”.

I giudici di Pavia hanno applicato le regole tenendo conto il più possibile di tutti i fattori in gioco connessi al bene comune. Quanti giudici avrebbero ragionato così? Certo non tutti, a partire da quelli per i quali il cittadino è quantomeno sospetto fino a prova contraria.

Per fortuna c’è un miracolo delle noci per cui ci uniamo tutti al coro proclamando “Sono sereno, ho fiducia nella giustizia”.