Il tema della trasparenza e dell’informazione di qualità sui social non è da oggi in cima alle questioni cruciali per lo sviluppo della rete nel presente e negli anni a venire: se però accade come con Facebook, che ‘sbandiera’ il 18 agosto scorso il suo primo “Widely Viewed Content Report” come conquista della trasparenza, ecco che allora (forse) non ci siamo. La storia viene raccontata dal New York Times e ripresa poi oggi dal Corriere della Sera: Fb lancia il nuovo documento, aggiornato con cadenza trimestrale, per informare con piena trasparenza tutti i post, i link e le pagine più viste nel News Feed del social di Zuckerberg. Dagli Usa presto tale strumento si estenderà in tutto il mondo, portando Facebook verso «un lungo viaggio per diventare la piattaforma più trasparente sul internet» (cit. by Guy Rosen, vicepresidente Facebook).



Tutto bene, no? Non esattamente: quel report uscito riguarda il secondo semestre del 2021, dato che il primo documento è stato sì realizzato ma mai pubblicato, alla faccia della trasparenza sbandierata. NYT racconta di come Facebook avesse già preparato un “Widely Viewed Content Report” già il primo trimestre del 2021 – gennaio-marzo – ma poi non fu mai pubblicato: il motivo? La piena certezza non la si avrà mai, ma dato che il post più visto in quel periodo era un articolo del Chicago Tribune sulla morte di un medico in Florida forse (ripetiamo, forse) dovuta al vaccino, ecco che i dubbi e i timori sorgono.



LA (SEMI)TRASPARENZA DEI SOCIAL

Come avvenuto da noi in Italia nei primi mesi dei vaccini, i giornali erano soliti cavalcare il “dubbio” sugli effetti dei vaccini ed alcuni decessi (specie contro il siero di AstraZeneca, ndr) e con ogni probabilità Facebook potrebbe aver scelto di non pubblicare quel report per non dimostrare la viralità di notizie false o dai titoli fuorvianti circolanti sulle linee Fb. Biden nel luglio scorso ha detto a chiare lettere che Facebook «uccide con la disinformazione» che circola, parole forti che hanno portato il social network per eccellenza a prendere la decisione di pubblicare il report e monitorarlo con cadenza trimestrale. «Abbiamo ricevuto critiche per aver tenuto un rapporto interno fino a quando non fosse stato più favorevole per noi e poi l’abbiamo rilasciato. Ricevere critiche non è ingiusto. Ma vale la pena dare un’occhiata più da vicino – e prendere nota di alcune componenti della storia», ha spiegato Andy Stone, portavoce Fb, direttamente al NYT.



Il secondo report viene visto come un miglioramento deciso di Facebook nella lotta alle fake-news, ma ci permettiamo di porre un piccolo ma per noi necessario quesito: si può parlare e “bearsi” della trasparenza, dopo aver nascosto volutamente quello stesso strumento creato proprio contro la disinformazione? E ci permettiamo un passaggio in più, non ce ne vogliate: ‘nascondere’ notizie – o presunte tali – su possibili correlazioni tra il vaccino e un decesso, significa necessariamente essere dei no-vax? Il dibattito è aperto, ma per chi scrive resta un problema se la scienza, i media, la politica, per timore di passare per dei “no-vax” complottisti, preferisce censurare alcuni fatti. È un cortocircuito che non aiuta la scienza, ma soprattutto non fa un servizio di verità, che poi sarebbe il vero obiettivo dell’informazione e del giornalismo.