La fallimentare guerra contro il regime talebano in Afghanistan nel 2001 e quella contro Saddam Hussein in Iraq nel 2003 non hanno consentito agli Stati Uniti di conseguire una solida egemonia in Medio Oriente; al contrario hanno gettato le basi per l’ascesa graduale ed inesorabile dell’Iran, che ha posto in essere una vera e propria politica di espansione verso ovest.



A tale proposito credo sia necessario fare tre osservazioni. Da un lato l’Iran ha visto aumentare la sua influenza in Libano grazie ai suoi legami strettissimi con Hezbollah, dall’altra – grazie al sostegno di Hamas – l’Iran è riuscita a minacciare sempre di più Israele. Ma è solo a partire dal 2011, e cioè con l’appoggio del regime siriano, che l’Iran svolge un ruolo sempre più rilevante. Proprio a partire dal 2013 l’Iran ha sostenuto militarmente il regime siriano anche attraverso il sostegno di Hezbollah e di numerose milizie sciite. La guerra che ha distrutto la Siria è stata anche una guerra per procura, che da un lato ha visto il sostegno della Russia nei confronti di Damasco e dall’altro ha visto in campo l’alleanza tra Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Giordania, Stati Uniti, Francia e Regno Unito in funzione anti-iraniana e anti-siriana.



Grazie alla fallimentare guerra in Iraq gli ufficiali dell’intelligence iraniana sono stati in grado di cooptare gran parte dei funzionari del governo iracheno, riuscendo persino ad infiltrarsi nella rete che aveva costruito la Cia. Oggi sappiamo che il ministero dell’Informazione e della Sicurezza Iraniano – con l’aiuto delle forze delle guardie rivoluzionarie – ha svolto un ruolo rilevante in Iraq, riuscendo ad allineare il Paese agli obiettivi di politica estera iraniana.

Inoltre – fra il 2014 e il 2015 – il coinvolgimento iraniano in Iraq è certamente aumentato, dal momento che la guardia rivoluzionaria ha addestrato diversi gruppi di guerriglieri sciiti riuniti sotto la sigla delle Forze di mobilitazione popolare che nel 2018 è diventata a tutti gli effetti parte dell’esercito iracheno.



Ma certamente uno dei successi più spettacolari dell’Iran riguarda la questione dello Yemen. A partire dal 2015 lo Yemen è diventato il Vietnam dell’Arabia Saudita, nonostante il fatto che l’Arabia Saudita sperasse in una guerra molto rapida. Nella realtà, invece, i ribelli sono riusciti a controllare la capitale Sana’a e nello stesso tempo alcune zone nevralgiche del Mar Rosso. Inoltre hanno tratto vantaggio dall’aiuto militare dell’Iran e dall’addestramento fornito. Le numerose sconfitte subite dai sauditi durante il conflitto in Yemen stanno anche a dimostrare come l’investimento in ambito militare fatto dal Paese arabo si sia rivelato inutile e fallimentare.

Un altro rovescio militare si verificò nel 2019 durante la presidenza di Donald Trump quando, a causa dell’incremento delle sanzioni poste in essere dal presidente americano, l’Iran abbatté un drone americano, lanciò attacchi contro le petroliere internazionali ed emiratine presenti nel Golfo Persico ma soprattutto contro la maggiore compagnia saudita e cioè la Aramco.

Ancora una volta l’efficacia della guerra asimmetrica dimostra l’intrinseca debolezza del sistema di difesa missilistico Patriot, che era stato schierato dai sauditi per difendere i propri interessi petroliferi. A questo poi si deve aggiungere l’assenza di una reazione militare americana contro l’Iran, che rappresentò una sorpresa per Riad e Abu Dhabi.

In conclusione, nonostante la schiacciante superiorità tecnologica dal punto di vista militare sia americana sia saudita – e soprattutto nonostante l’ipertrofica produzione di articoli e saggi in lingua inglese sulla guerra asimmetrica –, l’Iran è stato in grado di resistere e di infliggere sconfitte e umiliazioni militari rilevanti.

Ancora una volta gli spin doctor anglo-americani, con le loro università e istituti specializzati in studi strategici lautamente finanziati dal Pentagono e dai privati, hanno dimostrato la loro incapacità a far fronte a una guerra asimmetrica la cui efficacia è paragonabile a quella posta in essere dal terrorismo palestinese contro gli Stati occidentali che, tra le altre cose, rivelò la carenza non solo dei servizi segreti occidentali, ma anche l’assenza per lungo tempo di una reale quanto efficace coordinamento.

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