Per Mediobanca l’offerta di Mps non ha valore industriale ed è distruttiva per i propri azionisti e per quelli di Mps. Questo si legge in una nota emessa ieri dalla banca milanese in cui si premette che l’offerta di Mps non è concordata ed è da ritenersi ostile e contraria agli interessi di Mediobanca.
Dopo il lancio dell’offerta di Unicredit su Banco Bpm che ha sconvolto quelli che sembravano i piani originari del Governo, e cioè una combinazione tra Bpm e la banca senese, venerdì scorso è arrivata, inattesa, l’offerta di Mps su Mediobanca. Mediobanca è innanzitutto una banca di investimento che possiede una partecipazione di maggioranza relativa in Generali, la più grande assicurazione italiana e una delle maggiori in Europa. Secondo la banca d’affari, l’operazione con Mps comporterebbe un “forte indebolimento” del suo modello di business, perdite di ricavi e clienti, e delle sue migliori risorse umane; non ci sarebbero nemmeno sinergie di costo. Sono tesi a cui è difficile obiettare interamente perché Mps è una banca commerciale mentre Mediobanca, nel corso dei decenni, ha sviluppato un modello che prescinde da questa attività. Anche nella percezione degli investitori la differenza tra i due modelli è chiara.
È vero che grandi e medie banche commerciali italiane hanno al proprio interno anche l’attività di banca d’investimento, ma in una proporzione e con una strategia che non è paragonabile al gruppo che potrebbe emergere dalla combinazione di Mps e Mediobanca. Per il resto del mercato italiano il business della banca d’affari è una componente limitata rispetto all’attività preponderante della banca commerciale e in qualche modo funzionale alla propria clientela imprenditoriale. Niente a che vedere con il modello di Mediobanca. Sarebbe diverso se la dimensione della banca commerciale coinvolta nell’operazione fosse maggiore; in quel caso la perdita dell’indipendenza potrebbe essere compensata da una maggiore clientela. Si ricomporrebbe anche nelle proporzioni un modello simile a quello diffuso sul mercato.
Dentro Mediobanca, c’è una partecipazione di maggioranza relativa in Generali e questa potrebbe essere la chiave di lettura dell’offerta. Sappiamo che il Governo, nella persona del Primo ministro, ha immediatamente espresso il proprio compiacimento per l’offerta di Mps. Aumentare la presa su Generali, attraverso Mediobanca, è un obiettivo desiderabile per la rilevanza che l’assicurazione ha nel panorama del risparmio italiano. Dopo la joint venture sul risparmio gestito di Generali con Natixis forse si sono rotti gli indugi e si è trovata una convergenza tra Governo e imprenditori privati. Delfin e Caltagirone possiedono il 27% di Mediobanca (20% Delfin e 7% Caltagirone), il 15% di Mps (10% Delfin e 5% Caltagirone) e il 17% di Generali (10% di Delfin e 7% Caltagirone). L’offerta su Mediobanca consentirebbe una presa maggiore su Generali e questo potrebbe non dispiacere al Governo in una convergenza di interessi.
Un’obiezione possibile non è sul fine, la presa su Generali del sistema-Paese, ma sul mezzo, l’Ops di Mps su Mediobanca, che appare strutturalmente debole. Far funzionare il gruppo che emergerebbe da una combinazione sarebbe complicato; se il gruppo è disfunzionale il rischio è che il fine non sia tutelato nel medio termine e che nel frattempo si sacrifichino due realtà che potrebbero contribuire meglio all’economia in altri contesti. Nel caso di Mps è inevitabile pensare, per esempio, a Banco Bpm su cui avrebbe più senso costruire un “terzo polo”.
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