Davide Van De Sfroos è tornato on the road, ai concerti, esattamente lo scorso 16 agosto da Travo in provincia di Piacenza in occasione del Travo Balafolk Festival, una delle prime cosiddette riaperture musicali dopo il lungo stop alle attività concertistiche a causa del Covid. Per Van De Sfroos, autentico “animale” da palcoscenico, in grado di trascinare a ballare folle numerosissime, ma anche di momenti di autentica intimità e poesia, quanto di meglio ci sia. Diversi concerti in programma per il cantautore dei laghi e delle montagne tra agosto e settembre, rigorosamente in dialetto “laghée”, capace di raccontare toccanti storie degli ultimi, dal contrabbandiere al minatore, dal costruttore di motoscafi allo sbandato, personaggi di una umanità oggi quasi del tutto scomparsa, sempre in chiave colma d umanità e compassione. In occasione di questo Meeting “virtuale”, Van De Sfroos (che al Meeting si è esibito svariate volte) ha inviato un video apposito che sarà trasmesso questa sera nell’ambito della serata ‘Enjoy the Meeting’. Abbiamo parlato con lui di questo e di questi tempi difficili.
Vivendo sui monti del tuo amato lago di Como, lontano dalla pandemia che ha provocato migliaia di morti nelle città di pianure, in una sorta di ambientazione fantascientifica che ti ha permesso di stare lontano dalla epidemia come una sorta di ultimo sopravvissuto, che sensazioni hai provato?
Ho vissuto tutto il periodo del Covid in famiglia qui a casa sul lago di Como e ho sperimentato l’esperienza destabilizzante delle Due Finestre, così l’ho chiamata. La prima finestra, quella reale che guarda verso il lago e le montagne, mostrava un mondo simile all’Eden, senza disturbi, senza rumori e con la natura e gli animali che si riprendevano i loro spazi. Lago fermo come uno specchio e tramonti immacolati. Contemporaneamente, nell’altra finestra ovvero quella virtuale del televisore, del pc o del tablet e del telefono scorrevano le immagini dell’inferno e le notizie allarmanti di quello che stava succedendo, ma non solo altrove perché anche qui in Tremezzina proporzionalmente siamo stati colpiti molto duramente e sono venute a mancare in pochissimo tempo molte persone che erano parte molto conosciuta della nostra quotidianità e alcuni anche famosi non solo qui.
Che cosa hai provato?
Ero ammirato nel vedere una natura così potente e tormentato al contempo nel percepire la malattia che si diffondeva tra tutti noi con medici e paramedici che combattevano come soldati disarmati. Ho dovuto riflettere molto sulla nostra condizione, sulla mia stessa persona, sulle cose semplici che sono semplici soltanto fino a quando te le tolgono e a quel punto diventano speciali. Su chi usa solo la rabbia e il prurito urlando sentenze e su chi invece si impegna in qualunque situazione per fare tutto il possibile anche in silenzio.
La nostra vita quotidiana, il lavoro, i rapporti: tutto è stato messo in discussione. Pensi che siamo davanti a un cambiamento che ci porterà a un futuro ignoto e inquietante? O invece sarà una svolta positiva?
Una cosa invisibile alla quale noi abbiamo dovuto dare un nome ha bloccato tutte le nostre certezze e le nostre strutture, il nostro sistema stesso. Un passeggero che ha bisogno di un veicolo per spostarsi e che usa quindi noi come treno… un vagabondo che vuole abitare in un posto e che ancora uno volta usa noi come casa o albergo. Mentre pensavo a tutto questo non ho potuto fare a meno di notare che anche noi umani ci siamo stanziati su di un pianeta come ospiti e nel corso dei secoli lo abbiamo modificato, aggredito, dissanguato e fatto ammalare sempre più gravemente…. ma è anche vero che moltissimi di noi lo hanno curato o hanno tentato di correggere il tiro, di lenire ferite. In poche parole l’uomo è stato a tratti proteina, vitamina o antibiotico e sicuramente anche virus, batterio, parassita.
Siamo persone bisognose, non auto sufficienti, è questo che intendi?
Da osservatore sensibile ho potuto notare anche come durante il periodo terrorizzante, quando si usciva a fare la spesa i contatti tra le persone fossero più vivi, reali e sinceri… solidali, atteggiamento tipico di chi condivide una preoccupazione. Dopo il lockdown non ho riscontrato la stessa cosa, ma purtroppo moltissima confusione che ancora oggi mi turba.
So che in questi mesi hai registrato un nuovo disco, dopo parecchio tempo. Ci puoi anticipare qualche cosa?
Ho un disco pronto con 15 brani inediti che avrebbe dovuto uscire ai primi di maggio e che è rimasto bloccato in garage. Ci abbiamo lavorato con molta cura e con uno spirito positivo in un luogo bellissimo qui dalle mie parti. Non anticipo nulla per scaramanzia ma posso dire che ogni brano ha un suo modo e una sua storia e che la musica è molto varia sebbene lo stile sia sempre il mio e i mondi raccontati quelli che di volta in volta sento di dovere raccontare. Speriamo di poterne parlare al più presto, ma è fondamentale avere pazienza.
Hai ormai una lunga carriera alle spalle. Senti di aver già espresso il meglio di te stesso o per uno scrittore, musicista, autore di canzoni come te il viaggio non termina mai?
Il viaggio è un viaggio e finché sei in cammino non puoi dire di essere arrivato, anzi forse non lo puoi dire neanche quando credi di esserti fermato. Ho scritto tante canzoni e sono stato in tantissimi luoghi a cantarle, ho avuto crisi, gioie, soddisfazioni e depressioni. Non sono mai riuscito a sentirmi speciale e sono sempre stato il gendarme più severo con me stesso, ma il viaggio devo dire che speciale lo è stato e non manco di gratitudine nei confronti di questa opportunità.
Che cosa significa successo?
Ho imparato a dare al successo una valenza diversa… ho notato che per me la parola successo non coincide in modo poi così preciso con quanta fama hai o quante cose vendi nel tuo lavoro, ma ha a che fare con come ti senti mentre vivi il tuo percorso, quando ti permette di capire quante persone provano un vero affetto per te perché ti hanno capito e soprattutto se ti piaci per quello che stai facendo e che sei.
Torni al Meeting anche se in modo virtuale, che significato ha?
Non riesco a sapere cosa farò oggi pomeriggio perciò mi guardo bene dal farvi profezie o proiezioni sul futuro. Abbiamo capito in questi tempi che non siamo poi quei padreterni che pensavamo di essere con tutti i nostri gingilli tecnologici e con la nostra arroganza impartitaci da un tempo scorpione che poi è sempre pronto a colpirti con la coda. Al Meeting mi sono trovato sempre bene e in situazioni interessanti, l’ho trovato un luogo aperto a molti dialoghi e con ospiti di diversissima estrazione sociale, filosofica e politica. Spero che torni al più presto reale e fisico, ma se per il momento deve essere virtuale, ringraziamo questa possibilità, sarebbe stato peggio non poterlo fare del tutto. Perciò dico grazie.
(Paolo Vites)