Testori partecipa alla prima edizione del Meeting. 1980, La pace e i diritti dell’uomo. Ma il mio incontro con lui precede il Meeting. Siamo nel marzo del ’78. I giorni del rapimento Moro. I giorni in cui sul Corriere della Sera cominciano ad apparire quegli editoriali in cui Giovanni Testori non era più soltanto il grande drammaturgo, il geniale critico d’arte, l’innovatore dei linguaggi, lo scrittore impegnato, ma parlava una lingua che diceva di più. Diceva di una domanda profonda sul senso delle cose. A pochi giorni dai fatti di via Fani, constatava con angoscia che sui giornali e nella televisione “non ci è stato concesso d’imbatterci in una sola domanda che recasse in sé il disperato bisogno d’una possibile spiegazione totale e, dunque, religiosa del punto in cui è arrivata la vita. Il nome di Dio non è venuto fuori e neppure è uscito quello della sua assenza, del vuoto che la sua assenza ha determinato nella società dell’uomo”.
Erano gli editoriali che colpirono don Giussani e alcuni suoi amici e da cui nacque la storia di quell’amicizia di cui anche il Meeting entrò a far parte. Quegli editoriali facevano vibrare il cuore. Anche a me. Anche a “noi”. Quegli editoriali che parlavano di Maestà della vita, di Realtà senza Dio. Nella cultura ideologica di quegli anni il cristianesimo come fattore di vita reale non aveva dimora. La presenza pubblica dei cristiani era relegata alla politica. “Noi” eravamo quel gruppo di amici che dopo due anni avrebbero dato vita al Meeting. E la gestazione del Meeting ha a che fare anche con lo stupore e l’entusiasmo per quegli editoriali. Noi, educati nell’amicizia con don Giussani, fremevamo per l’impeto di porre una presenza che dicesse della fede.
Avevamo organizzato tante feste popolari, partecipato al Movimento popolare. Ma non ci bastava. Volevamo porre un fatto, qualcosa che rendesse evidente nell’esperienza l’origine da cui nasceva l’apertura al mondo e la passione a costruire che ci animava. Da un desiderio così nell’estate del 1979 nacque l’idea del Meeting e, alla prima edizione, agosto 1980, l’invito a Testori. Parlò insieme allo scrittore cattolico inglese Cristopher Derrik sul tema “La verità forza della pace”. Tornò poi nell’89. E quell’anno fu veramente un protagonista. Due incontri in Salone. Una mostra. Due rappresentazioni teatrali con più repliche. Da allora le sue opere teatrali e artistiche hanno accompagnato la storia del Meeting. Quest’anno, centenario della nascita, il Meeting rincontra Testori in tre convegni e uno spettacolo.
Quest’anno l’appuntamento del 20 agosto ripercorre la storia di un’amicizia. Un’amicizia che è accaduta per un accento di esperienza umana che abbiamo reciprocamente riconosciuto l’uno nell’altro. Il gusto dell’umano. Senza paura, perché il Mistero stesso non ne ha avuto paura e con l’Incarnazione ha condiviso fino in fondo la condizione umana.
Nella conferenza stampa con la quale nell’89 era iniziata la sua presenza al Meeting Testori aveva lanciato il grande tema che gli stava a cuore, “la necessità che questo evento centrale della storia dell’uomo e del cosmo, che è appunto l’Incarnazione, torni ad essere accolto per quello che è, un evento fatto di carne, di sangue, di ossa, e non una parabola astratta, non una ipotesi e non, soprattutto, un simbolo”. Una provocazione terribilmente attuale in un tempo come il nostro, così bisognoso di incontrare il senso della vita non attraverso parole astratte, ma in un incontro umano, in cui essere “portato, aiutato, abbracciato”, come lo stesso Testori aveva detto raccontando la sua esperienza.
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