È in tour con lo spettacolo “In concerto con Enzo” Paolo Jannacci, a dieci anni dalla scomparsa del padre, spettacolo che questa sera presenterà al Meeting di Rimini. “Uno spettacolo che è nato quando, anni fa, mi misi al pianoforte perché avevo voglia di riascoltare le canzoni di papà. Poi mi sono detto, perché non farle riascoltare a tutti, specialmente alle nuove generazioni?” ci ha detto in questa intervista. Con lui alcuni degli accompagnatori di Enzo Jannacci durante gli ultimi anni della sua carriera (Daniele Moretto, tromba / Flicorno e cori; Marco Ricci contrabbasso e basso elettrico; Stefano Bagnoli batteria e percussioni). Uno spettacolo che va oltre a quello del debito di “figliolanza”, perché le canzoni di Enzo Jannacci meritano di essere ancora ascoltate, condivise, conosciute, e non scomparire nella dimenticanza. Sono canzoni che ci aiutano e sostengono a camminare sul ciglio dello “stradone col bagliore” che è la nostra vita faticosa.



Paolo, che ha pubblicato insieme al giornalista Enzo Gentile il libro che racconta la vita del padre Ecco tutto qui, continua comunque a dedicarsi alla sua carriera personale: nel 2020 dopo diversi dischi di musica jazz strumentale ha esordito come cantautore con il bel disco Canterò a cui, ci ha detto, darà presto seguito.



Non è la tua prima volta al Meeting di Rimini, che cosa ti suscita venire qui?

Fortunatamente non è la prima volta, è sempre bello tornare qui. È un un posto felice, dove c’è un clima di solidarietà, di desiderio, di accoglienza.

Il tema quest’anno è l’amicizia, in un momento storico di individualismo sfrenato. È quasi una sfida, sei d’accordo?

Sono d’accordo. L’individualismo è al primo posto della classifica degli esseri umani forse perché è un rifugio dalle incomprensioni e dalle cose negative che comunque ci sono, ci perseguitano, con cui conviviamo. Il riflesso naturale diventa quello di appoggiare il sentimento più facile, quello più naturale che è l’egoismo.



Il contrario di quello che ci insegnava Enzo.

Papà non era un santo e non è che fosse sempre a disposizione. Però quando si trovava in situazioni conviviali, quando c’era da incontrare qualcuno, era sempre disponibile. Gli piaceva condividere, partecipare.

Qualche mese fa ti abbiamo visto salire sul palco ospite a sorpresa nel concerto di Elio in omaggio a Enzo. Ricordo che hai fatto una versione di Vincenzina da brividi, cantata benissimo. Sembra che sei diventato più confidente con il repertorio di Enzo, è così?

Oggi mi sento più sicuro. Il papà ce l’ho nelle ossa, è come se fosse qui accanto che mi dice come devo fare un brano. Magari ci metto del mio per renderlo il più vero possibile. Mi sento molto sicuro anche grazie ai musicisti che mi accompagnano in questi concerti, erano una parte della band che accompagnava il papà nei suoi ultimi anni. Si è creata una alchimia speciale, c’è un interplay magico con questi ex ragazzi. Non serve più guardarsi, riusciamo a leggerci dentro, sappiamo cosa fare e cosa no. Sono cose che il pubblico avverte.

Questi spettacoli vanno oltre alla figliolanza che ti lega a Enzo, c’è la necessità di tenere vivo un repertorio unico, è così?

È così, questo concerto nasce dieci anni fa, quando mi misi al pianoforte a casa perché sentivo il bisogno di riascoltare quelle canzoni. Poi ho detto facciamole per tutti. È giusto suggerirle alle nuove generazioni. Ho cominciato a imparare a conoscerle con il papà e ho ancora il desiderio di farle mie.

Hai esordito qualche anno fa come cantautore con il disco Canterò: stai scrivendo nuove canzoni? Ci sarà un seguito?

Sì ne ho scritte di nuove anche se il periodo per la discografia è difficile. Io sono ancorato a una concezione da album, da long playing come si faceva trent’anni fa anche se sono disponibile a fare uscire dei singoli come si fa oggi. Il disco è pronto, sono in attesa di farlo uscire nel miglior modo possibile. Sono brani molto da cantautore, dove mi sono spostato verso un approccio sociale. Educatamente denuncio alcune cose, racconto elementi sociali sia dei giovani sia di chi ha più anni come la storia di un tossicomane che esce dalla dipendenza dalla droga o di una ragazzina che si vergogna e vive chiusa in casa.

Educatamente?

Enzo si poteva permettere di dire quello che voleva, io non lo farò mai.

Quale brano di tuo padre ti diverte di più cantare? Ci dici una anticipazione del repertorio che farai stasera?

In questo momento il brano che mi piace di più cantare perché è sempre una scoperta è Io e te. Parto con Musical, un brano che definisco disadattato, perché venne chiuso nel cassetto perché decisero di pubblicare Ci vuole orecchio. Musical poi Enzo non voleva mai farla perché diceva che non veniva capita e apprezzata. Oggi invece vedo che piace. Poi faccio classici come Scarp de tennis, Vincenzina, omaggi all’amico Paolo Conte come Messico e nuvole che anche questa lui non voleva cantare mai, un medley con Ci vuole orecchio e E la vita e la vita. Dedicherò La Fotografia al mio amico Giorgio (Vittadini, ndr) e canterò anche Sfiorisci bel fiore.

(Paolo Vites)

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