Anche questa volta il titolo del Meeting è qualcosa di più di un titolo, è l’inizio di un cammino. Quello annunciato ieri per l’edizione del 2023 è, come quest’anno, debitore al genio di don Giussani: “L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile”, frase tratta dal volume Il cammino al vero è un’esperienza.



Se ci si sofferma sulle parole ci troviamo davanti ad un pensiero di una profondità abissale, così difficile da circoscrivere e da trasformare in “contenuti”. È un pensiero che sfugge ai ragionamenti che vi si possono fare e che può trovare un corrispettivo solo in una verità vissuta. Innanzitutto siamo davanti ad un qualcosa di molto diverso rispetto a ciò che oggi s’intende per amicizia. L’amicizia oggi è una categoria soggettiva, regolata nel migliore dei casi da una sintonia trovata con un altro individuo e nel peggiore dall’improbabilità dei legami virtuali. È l’individuo il regista delle proprie amicizie, che siano originate da sentimenti veri o da interessi fittizi. L’amicizia diventa spesso, anche nei casi migliori, un dinamismo da clan, da circolo chiuso, seppure formato da persone buone che condividono obiettivi altrettanto buoni.



Ma chi può sostenere che quella sia un’amicizia oggettivamente “inesauribile”? È un sentimento inevitabilmente aleatorio, per quanto in quel momento sia sentito come molto profondo; nessuno può realisticamente scommettere sulla sua tenuta.

Il titolo del Meeting sta dunque parlando di un’altra cosa: un’amicizia che tocca le radici dell’esistere, che non dipende da noi proprio in quanto è “inesauribile”. Tra l’altro, la frase di don Giussani si completava con un ulteriore aggettivo che restituisce in modo ancor più definitivo questa caratterizzazione dell’amicizia: “inesauribile e onnipotente”.



Ma di che amicizia si tratta? C’è un’altra pagina molto esperienziale di don Giussani che ci mette sulla buona strada. È tratta da quel libro meraviglioso che raccoglie le lettere tra lui e padre Angelo Majo, suo compagno di seminario e amico per la vita. Sono lettere che dobbiamo immaginare scritte da un “ragazzo” di 23 anni che ha da poco preso la tonaca. Scrive nell’agosto 1945: “Io non voglio vivere inutilmente: è la mia ossessione. E poi tra due amici profondi cosa si desidera? L’aspirazione dell’amicizia è l’unione, è quella di immedesimarsi, impastarsi, diventare la stessa persona, la stessa fisionomia dell’Amico… essere più impastato con Lui”.

Il titolo ha poi un altro risvolto importante: è un titolo carico di una positività radicale, che si impone come risposta a tutto lo scetticismo che pervade le relazioni sociali e spesso anche quelle amicali. È un titolo affidabile, in quanto fondamento per costruire “vita buona”, in tutte le sue accezioni. È un titolo aperto a tutti: di cosa hanno bisogno infatti le donne e gli uomini d’oggi, esposti alle amicizie più improbabili, se non di un’amicizia così?

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