Chiamato a intervenire sul tema “Chiesa, Società e politica” Sua Eminenza, Monsignor Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid ha raccontato a il sussidiario.net la situazione in cui versa la Chiesa nell’Europa moderna e in Spagna

 

Eminenza, il tema da lei trattato in questo Meeting è “Chiesa, Società e politica”. È possibile, considerando quanto la politica oggi sia in alcuni aspetti provocatoria nei confronti della Chiesa, se non in netto contrasto, che questa non si trasformi a sua volta in un attore politico?



In realtà la Chiesa non sarà mai un soggetto politico. Sarà però sempre interpretata come tale dal mondo esterno ad essa. E questo per ragioni di interesse politico. Credere comunque che si possa liberare dalla critica politica è impossibile, ma occorre precisare che la Chiesa in primo luogo è un popolo, un corpo che fa storia dentro la storia. Una storia di grazia e di redenzione, di confronto permanente con Cristo e con la storia del peccato e del male. Se ci fosse dunque un momento in cui il mondo e la politica non avessero alcun interesse per la Chiesa ciò vorrebbe dire che sarebbe morta.



A questo proposito qual è la situazione del rapporto fra politica e Chiesa in Spagna oggi?

In Spagna la Chiesa è coinvolta ancora di più. Infatti nella concezione che attualmente c’è dello Stato, così onnipresente, che assorbe tutto, tutti gli aspetti della quotidianità, il rischio è quello di perdere di vista il fattore religioso. Tutto il regime di amministrazione dello Stato non lascia aperto alcuno spiraglio di umanità davvero libera. Uno Stato che si identifichi in questo modo vuole che la società sia un “terreno” totalmente gestito da un unico padrone e quando vede attiva la vita della Chiesa, che è la vita della persona e della famiglia, il potere che c’è dietro l’organizzazione dello Stato si muove contro di essa. Ricordiamoci che la Chiesa nasce dal martirio del suo fondatore e continuerà a vivere fino al suo ritorno.



Quali sono le indicazioni che la chiesa spagnola predilige rivolgere al proprio popolo nei confronti della società e della realtà politica?

Le linee guida non sono altro che quelle espresse dalla dottrina sociale della Chiesa. C’è un capitolo dedicato alla formula giusta dello sviluppo e dell’organizzazione dello sviluppo dello Stato.

Per tutta la teologia morale, quella espressa dal medioevo fino a Benedetto XVI, l’istituzione dello Stato è inevitabile. Infatti risponde alle necessità comuni. Ma deve farlo in funzione della garanzia di un bene comune: il rispetto dei diritti fondamentali della persona che non sono negoziabili.

Lo Stato deve garantire che questi diritti vengano rispettati, ma non deve stabilire quali siano. Insomma deve offrire un bene comune in funzione dell’autonomia della società e delle sue organizzazioni, secondo il principio di sussidiarietà.

Principio dunque fondamentale per garantire la libertà degli individui

Certo. L’obiettivo di un bene comune che dimenticasse il principio di sussidiarietà fallirebbe subito. La partecipazione di tutti nella politica, il ruolo che i singoli individui devono avere con la Costituzione dello Stato, questo è quello che cerchiamo di insegnare in Spagna alla Chiesa viva che parte dal popolo e che arriva fino alla politica.

C’è sempre bisogno di una costante revisione critica, morale ed etica. L’assenza di questo è il problema degli stati moderni, non solo della Spagna. Questi sono i principi ed i criteri morali che il cardinal Ratzinger e Habermas hanno evidenziato nel famoso colloquio del 2004 sui presupposti prepolitici dello Stato moderno democratico e di diritto. Lo Stato ha bisogno di questi presupposti per garantire un criterio che consenta una società civile, una legge eticamente giustificata, moralmente, e teologicamente, fondata.

Il Cardinal Carlo Caffarra ha parlato ieri di due “malattie” che affliggono la società Europea, ossia il dogmatismo scientifico e il nichilismo. Qual è la sua opinione in proposito?

Questa è anche la diagnosi che fa il Santo Padre. In realtà l’aveva già predicata prima di divenire Papa fra il 2004 e il  2005, lungo una serie di articoli sui presupposti pregiuridici dello Stato, sulla fede in Dio in rapporto allo Stato. Sono quelle che lui chiama le «patologie della religione e della ragione». Ratzinger pronunciò poi la famosa frase nell’omelia dopo il conclave relativa alla “dittatura del relativismo”. Io credo che relativismo morale e nichilismo esistenziale vadano insieme. Se un uomo non incontra degli ideali sui quali poggiare il suo futuro il nichilismo morale che incontra nella società si trasformerà per lui subito in nichilismo esistenziale. Questa è la situazione che stiamo vivendo nelle società europee e l’impatto sull’umanità di queste società disgraziatamente si vede.

Nel 2011 si terrà nella città di cui lei è arcivescovo, Madrid, la Giornata Mondiale della Gioventù. Quali sono le aspettative della chiesa spagnola rispetto a questo importantissimo evento?

Le aspettative sono grandissime. Dal punto di vista spirituale e apostolico tutta la Chiesa è già molto occupata nella preparazione della giornata mondiale. Per quanto riguarda il suo impatto sulla Chiesa noi vescovi pensiamo alla luce scaturita dal tema che il Santo Padre ha scelto per questo evento. È il tema della presenza di Cristo nella vita dell’uomo e della Chiesa come corpo di Cristo. Non esiste un distacco dall’esperienza personale dell’uomo e da quella di Cristo Resuscitato.

Il motto della giornata è un testo della lettera di San Paolo ai Colossesi: «edificati e radicati in cristo, fermi nella fede».

Oltre alla Chiesa quale risposta percepite dal popolo spagnolo?

Stiamo facendo un lavoro con il consiglio pontificio per i laici. La preparazione teologica e spirituale inizierà il 14 settembre da Madrid. L’anno prossimo sarà l’Anno Santo Giacobeo, di Santiago di Compostela. La festa di San Giacomo apostolo coinciderà con una domenica. Ci sarà quindi un grande pellegrinaggio nazionale spagnolo, e questo indubbiamente sarà un momento molto importante per la preparazione alla giornata mondiale.

A proposito di tematiche provocanti, qual è la sua opinione sul titolo del Meeting di quest’anno?

È un titolo molto suggestivo e fa pensare al fatto che coloro che lo hanno scelto hanno a cuore la situazione della Chiesa oggi. Tutta la conoscenza è sempre un avvenimento, anche il Papa ha spiegato bene questo concetto nella sua bellissima lettera che ha dedicato al Meeting. Il verbo, nella vita dell’uomo cristiano, non è una vuota parola, ma un’esperienza e un avvenimento.