Le prove fremono, la band di David Horowitz sta curando gli ultimi particolari per lo spettacolo di questa sera, dal titolo: Dall’altra parte del mare. Un concerto per ricordare l’amico Claudio Chieffo, scomparso due anni fa, mentre si apriva il Meeting 2007.
Due persone molto diverse ma misteriosamente insieme, nella musica come nella vita: un ebreo americano, pianista jazz, arrangiatore, compositore di jingle per i marchi più famosi e un cantautore cattolico di Forlì, autore di oltre 100 canzoni, tradotte in tutto il mondo.
A provare con David ci sono musicisti di caratura internazionale come Jack Cavari, Flavio Pioppelli, Ed Walsh e Ted Khoone. Alla chitarra, ancora una volta, Fabrizio Scheda, una vita al fianco di Claudio, mentre al microfono si alternano le voci dei figli di Chieffo, Benedetto e Martino, e quella di Giovanni Fasani.
Horowitz si concede una pausa durante le prove e decide di raccontare con semplicità ai lettori de ilsussidiario.net un’amicizia che gli ha segnato la vita.
Come avvenne l’incontro con Claudio Chieffo?
Accadde nel 1999, proprio al Meeting di Rimini. Volle conoscermi dopo il mio concerto: mi parlò per pochi minuti delle sue canzoni, poi con la sua chitarra mi fece sentire Come la rosa e mi spiazzò. Mi aveva colpito profondamente.
Il giorno seguente ci incontrammo di nuovo e mi fece ascoltare altre canzoni. Avvertii una profonda corrispondenza del cuore. Decisi che avremmo lavorato assieme.
Iniziammo a scriverci nei mesi seguenti e decidemmo poi di fare un disco. Da subito iniziò a dirmi che dovevo venire in Romagna, perché era convinto che la sua musica nascesse dalla sua terra e dal suo popolo.
Riuscì a convincerla?
Certo, così conobbi la sua famiglia, i suoi amici e, girando in macchina con lui, la sua splendida terra. Così in pratica nacque questa profonda amicizia. Dopo qualche tempo venne lui da me, in America, e registrammo il disco. Scegliemmo di chiamarlo appunto “Come la rosa”.
Cosa l’aveva colpita fin dall’inizio della sua musica?
L’onestà e la semplicità. Era diretto. I suoi testi poi erano molto poetici.
Con lui non ho condiviso la fede, ma ho provato a imparare quel suo modo di descrivere cosa significhi essere uomini e come la musica possa raggiungere le altre persone. E questo è anche il mio modo di intendere la musica: la più meravigliosa forma di comunicazione tra gli esseri umani.
A proposito dei testi, si sentiva vicino alla sua sensibilità, nonostante foste di due tradizioni differenti?
Claudio parlava a chiunque avesse orecchie per sentire, andava oltre perfino al Cristianesimo, perché parlava dell’esperienza umana. Cercava risposte oltre quello che vedevano i nostri occhi. Per questo motivo la sua musica parla a un cristiano, a un ebreo, o a un buddista.
E di questa grande amicizia cosa ricorda maggiormente?
Era una persona con cui condividevo tutto ed è buffo il fatto che comunicavamo nonostante il suo pessimo inglese e il mio italiano mediocre.
Nelle sue ultime settimane di malattia stetti con lui, suonai per lui e vidi quante persone erano state toccate dalla sua musica: molta la gente veniva a trovarlo, era sorprendente.
Questa sera il popolo del Meeting si ritroverà a cantare con voi le canzoni di Chieffo, con ancora negli occhi il ricordo del suo ultimo indimenticabile concerto qui. Come le presenterete?
Spero davvero che sarà un grande concerto, perché abbiamo lavorato molto duramente per presentare questa musica nel modo migliore che conosciamo e per rimanere fedeli a come Claudio la scrisse. Non ho cambiato gli arrangiamenti: abbiamo quattro diversi cantanti e ognuno darà un’interpretazione diversa alle canzoni.
Ogni canzone verrà resa al meglio con un trattamento particolare: alcune con tutta l’orchestra, alcune solo con la chitarra, altre con il pianoforte. Altre con violino e violoncello…
Mi aspetto che il pubblico le canti con noi, perché queste canzoni sono diventate parte integrale della vita di molte, molte persone.
(Carlo Melato)