Un lungo applauso ha accolto le parole di Tony Blair, intervenuto oggi al XXX Meeting di Comunione e Liberazione.

Durante il suo intervento (in cui Blair si è dichiarato “orgoglioso” di essere accostato al movimento di Cl) e in cui ha toccato, oltre al tema della propria conversione anche argomenti di attualità molto complessi come la globalizzazione e il Medio Oriente, Blair è stato interrotto molte volte dagli applausi della platea. Al termine dell’intervento si è mostrato commosso.



Imbeccato da Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Blair ha cominciato ad affrontare nel dettaglio alcune delle grandi questioni sullo sfondo della scena mondiale. Proponendo per alcuni anche alcune linee guida di intervento.

Per l’ex premier britannico la “fiducia reciproca” è la chiave per arrivare a ottenere una soluzione della crisi mediorientale. “Due stati che vivono accanto nella fiducia reciproca: è veramente dura, ma volere è potere”.



“Israele deve sapere che la Palestina sarà uno stato gestito bene e i palestinesi devono sapere che Israele si ritirerà completamente dai loro territori”. La soluzione del conflitto è quindi solo politica? “Niente affatto – risponde Blair – la religione c’entra ed è assurdo dire che non c’entri niente”. A questo proposito Blair ha ricordato un aneddoto: “Mi trovavo in visita alla Monte delle tentazioni e la guida araba mi ha detto: ‘in questo luogo sono venuti a pregare Mosè, Gesù e Maometto’. Come è possibile pensare che la fede non c’entri nulla nel dialogo mediorientale”?



Ma la faccenda rimane piuttosto spinosa e Blair lo stigmatizza con un sorriso “dopo 10 anni a Downing Street avevo bisogno di cimentarmi con qualcosa di più facile” …

E prendendo la mossa dalla questione Israelo-Palestinese, Tony Blair ha parlato anche del problema del multiculturalismo. “Quali soluzioni vedi possibili per questa Europa in cui l’immigrazione è diventata fenomeno ostante e radicato?” ha chiesto Giorgio Vittadini.

“Nei nostri paesi abbiamo radici cristiane e dobbiamo esserne fieri – ha risposto Blair – e tenerli sempre presenti, del resto se vivessimo in altri paesi ci chiederebbero di uniformarci agli usi e alle leggi locali”.

“Anche se siamo di fedi diverse e abbiamo le nostre identità – ha aggiunto – viviamo nelle stesse città e ci sono valori comuni che tutti devono rispettare”. E l’ex-premier , a questo proposito,svela un piccolo aneddoto: “nella strada dove abito coesistono almeno 6 religioni anche se di diverso credo, ognuno di noi attiene alle sue caratteristiche e specificità, ma ci riconosciamo in un paese con valori comuni. Lo stato di diritto, le leggi e i principi dello stato devono essere accettati a prescindere dalla fede”.

Poi, l’ex numero uno di Downing Street è entrato nel merito del suo percorso religioso. “La mia conversione? Francamente è stata tutta ‘colpa’ di mia moglie – si schermisce, ma poi riprende – andavo a Messa già da molti anni, ma poi pian piano ho capito che la Chiesa era un luogo che mi corrispondeva sempre di più, non solo da un punto di vista dottrinale e del magistero, ma proprio per la dimensione universale che la Chiesa ha. Pian piano ho capito che il mio posto era quello”.

Si sentiva a suo agio Tony Blair nella platea ciellina e si è concesso anche qualche battuta. “Sarei contento di poter parlare nella vostra lingua meravigliosa. L’Italia mi richiama a tanti bei ricordi, è qui che 30 anni fa ho chiesto a mia moglie di sposarmi”.

Poi l’ex-premier britannico è tornato a parlare del rapporto tra politica e società: “la voce della Chiesa cattolica deve essere ascoltata e la Chiesa deve parlare in modo chiaro ed aperto. – e ancora – Le organizzazioni della società civile devono avere spazio crescente per occuparsi di cose che mercato e Stato non riescono a svolgere”.

“La Chiesa è a voce spirituale che metterà la globalizzazione al nostro servizio e non ci renderà schiavi di essa. La fede – ha aggiunto – non ci fa raggiungere mete che un uomo o una nazione non può raggiungere”. “Se andiamo avanti così – ha chiosato – non possiamo fare altro che progredire”.