Ieri a Roma c’è stata presentazione della XXXI edizione del Meeting di Rimini che si terrà dal 22 al 29 agosto. Riportiamo il testo dell’intervento di Joseph Weiler, professore alla New York University gentilmente concessoci dal Meeting di Rimini.

Quando fui invitato per la prima volta al Meeting, nel 2003, molti dei miei amici italiani ne furono estremamente sorpresi: “Cosa ci fa uno come te a un evento organizzato da loro?”. Capii che mi ero imbattuto in qualcosa di interessante quando questi amici mi chiesero: “Come mai sei stato invitato?”.



Sette anni dopo, sorprendentemente, il Meeting continua a invitarmi e io non esito mai nell’accettare. Il successo del Meeting di Rimini in base agli indici di classificazione di eventi del genere – per esempio il numero di accessi – non solo è indiscusso, ma sembra crescere di anno in anno. Provo a fare qualche ipotesi sulle ragioni di questo successo.



1 – Unicità. Ho fatto più volte il giro del mondo e non conosco nulla di simile: un’organizzazione che affitta lo spazio di una fiera commerciale e lo trasforma in una festa per la mente, per l’intelletto e per l’anima. Ho parlato di un libro davanti a una folla di 5000 persone!

Ok, lo confesso, era un libro di don Giussani… Ebbene, le uniche realtà di portata analoga si trovano nell’universo dei grandi eventi commerciali. Le fiere che vantano oltre mezzo milione di accessi in una settimana sono a livello del Salone dell’automobile di Detroit o Zurigo o del ComDex di Las Vegas. Mentre qui vengono in migliaia ad ascoltare una lezione su Beethoven, a visitare una mostra sulla natura della luce o a sentire un incontro con un filosofo.



2 – Apertura intellettuale. Questo è il più grande degli eventi cattolici e anche il più cattolico. Sono stato al tavolo dei relatori con un Bersani o un Barbera, ma anche con un Frattini o un Pisanu. Io, religioso ortodosso, ho condiviso il palco con altrettanti ortodossi laici. Io, ebreo, ho condiviso il palco con musulmani, protestanti e altri ancora. Questa è Comunione e Liberazione ma, contrariamente alle aspettative, bisogna continuamente aspettarsi l’inaspettato.

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Non conosco nessuna organizzazione politica, religiosa o spirituale che sia così fiduciosa, così impegnata nella ricerca della verità, che non senta la necessità di proteggere i suoi aderenti dalle posizioni opposte, dalla critica e dallo scetticismo. La profondità che trovo qui è ammirevole. È un evento in cui regna la Ragione. L’adesione in base a una fede cieca è sgradita – si preferisce optare per una convinzione ragionata. E questa non si può ottenere chiudendo la mente e sbarrando i saloni del Meeting.

 

Questa apertura non va confusa con un atteggiamento relativistico o scettico riguardo alla conoscenza. Qui si va incontro all’oppositore con cortesia e rispetto, ma l’incontro avviene anche sul piano della ragione e della discussione. Si formulano giudizi morali; la vaghezza epistemica trova chiarezza. Si sperimenta l’eccitante intensità che scaturisce dal serio impegno nella ricerca della verità.

 

3 – Vita, gioventù, famiglia. Beethoven, Fassino, Finkielkraut – istintivamente pensi: Heaviness. Lourdeur. Pesantezza. Riflettiamoci meglio. C’è un’atmosfera contagiosa al Meeting, che proviene dalla sindrome che potremmo definire dello “spaccato di vita”. Nonni e nipoti, single, coppie, famiglie. Una gran quantità di donne incinte. Masse di bambini.

 

Questo è il vero “pro-life”, l’aiuto alla vita che genera la vita e gioisce in essa. Eppure alla fine siamo sempre voi e io, la stessa accozzaglia di persone che troveresti alla stazione Termini di Roma, con gli stessi sogni di amore, di successo e di felicità; con le stesse delusioni e tristezze che fanno parte della vita. Il Meeting è insieme speciale ma anche estremamente familiare e organico.

 

4 – Gravitas. C’è sempre anche una serietà sottesa che fa parte dell’identità del Meeting. Dentro questa forma aperta, elettrica, vibrante, troviamo al tempo stesso un’interessante esplorazione e articolazione non tanto delle radici cristiane europee, quanto dei suoi rami viventi, delle foglie e dei frutti – la tradizione vivente di una civiltà cristiana, fondamento dell’identità europea e della civiltà occidentale.

 

C’è una esplorazione e una articolazione di ciò che significa essere un cristiano praticante – umile ma senza vergogna – in questo mondo. I partecipanti non si limitano a divertirsi – immensamente. Sanno anche che il Meeting rappresenta qualcosa di importante, di grave, di serio, un esempio di cosa significa vivere una esistenza piena di significato.

 

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5 – Gratuità. Viviamo in un periodo in cui la semplice celebrazione dell’uomo come essere creato a immagine di Dio è stata confusa con una celebrazione dell’ego e dell’“io” prima di tutto. È sorprendente, e sorprendentemente edificante, assistere all’enorme successo di ogni edizione del Meeting, se si pensa che gran parte di quel successo è dovuta alle migliaia di volontari che si offrono disinteressatamente per svolgere qualsiasi servizio, dalla gestione delle cucine all’accoglienza degli ospiti, al servire a tavola, riuscendo in generale a far sì che il Meeting funzioni impeccabilmente, come se si stesse svolgendo a Ginevra piuttosto che a Rimini.

 

6 – L’ingrediente segreto. L’ingrediente segreto, infine, è lo spirito di don Giussani che continua ad aleggiare sull’intero evento, rianimato dal suo successore, don Carrón. Questo non si può cogliere dalla stampa, che in fondo si interessa soltanto a tutto ciò che fa notizia, spesso con accenti un po’ polemici.

 

Giussani, nella seconda fase del suo insegnamento, non solo ha insistito sul fatto che la politica non potrà mai essere al primo posto, ma ha sempre detto che la vita spirituale dell’uomo di fede non è radicata semplicemente nella ragione, ma in una reale coscienza della Presenza. La fede non è solo un fatto cognitivo, ma anche, e soprattutto, sperimentale. E così è anche per il Meeting: va sperimentato, vissuto, per cogliere la sua piena e straordinaria combinazione di vitalità e gravitas.