Dal samba delle favelas all’Ulisse dantesco. Dalla crisi economica alla matematica. Un denominatore comune: il cuore dell’uomo. Tra i pezzi esposti anche la copia della corona di Santo Stefano d’Ungheria e la riproduzione a grandezza naturale del Portico della Gloria di Santiago.

Rimini, 16 agosto 2010 – È il cuore dell’uomo, con le sue aspirazioni infinite, il fil rouge delle 8 mostre della XXXI edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli. “Ognuna darà il suo contributo necessario per comprendere il tema di quest’anno, pur partendo da aspetti e storie del tutto differenti fra loro”, come sottolinea Alessandra Vitez, responsabile del dipartimento mostre per la Fondazione. Un lavoro che, considerato il pubblico sempre più internazionale del Meeting, ha permesso che gran parte delle mostre abbiano anche i pannelli in inglese o supporti in lingua.



Il ritmo stesso del samba brasiliano deriva dal battito del cuore, come scopriranno i visitatori della mostra “Um Céu no chão. Un cielo in terra. Il samba del morro”, un percorso che permetterà al visitatore di scoprire un luogo, la favela, generalmente ridotto all’immagine della povertà e che custodisce invece gioielli affascinanti della musica popolare. Proprio da quelle baracche, infatti, sboccia la bellezza di una poesia, intessuta dal dolore di un popolo: “la favela di notte è come un cielo visto dall’alto”, secondo le parole dello scrittore Paulinho da Viola a cui si ispira il titolo della mostra.



Questo è lo stesso impeto di ricerca di significato che spinse l’Ulisse dantesco a spiccare il ‘volo’, lasciandosi alle spalle le colonne d’Ercole. È dedicata a lui, simbolo dell’aspirazione infinita di ogni uomo, l’esposizione “Ma misi me per l’alto mare aperto”. L’Ulisse: quando Dante cantò la statura dell’uomo”.

Una statura che si scontra quotidianamente con il limite, ma che è fatta per andare oltre a ciò che appare, come testimonia l’intera opera di una delle più grandi scrittrici americane: “Flannery O’Connor. L’infinita misura del limite” inizia con un breve scorcio sulla vita e continua con un percorso nella profondità delle sue idee riguardo alla natura dello scrivere come forma artistica. La mostra prosegue con alcuni esempi tratti dai racconti, che documentano come il modo di fare arte della O’Connor prenda forma e carne nella parola.



Di grande impatto, anche dal punto di vista degli allestimenti e dei pezzi in mostra, “Stefano d’Ungheria. Fondatore dello stato e apostolo della nazione”, con l’esposizione della copia della corona del re, custodita nella chiesa di San Mattia a Budapest e delle riproduzioni del manto e del trono regale. A Santo Stefano si deve la fondazione dello stato ungherese a partire dalla fede cristiana: l’Ungheria è infatti l’unica nazione che custodisce in parlamento la corona di un re cattolico e che la cita nella propria costituzione.

 

La riproduzione del Portico della Gloria, posto sulla facciata occidentale della Cattedrale di Santiago di Compostela, (in scala 1:1, 9 metri x 5) è al centro de “In fondo al cammino c’è Qualcuno che ti aspetta. Lo splendore della speranza nel Portico della Gloria”. La bellezza e il mistero delle oltre 200 figure rappresentate hanno conquistato i pellegrini di ogni epoca. La ricostruzione a grandezza naturale ha permesso di sviscerare in profondità il significato di quest’opera: cosa voleva trasmettere il Maestro Matteo, autore del Portico tra il 1175 e il 1188? L’Apocalisse non è la sua unica fonte di ispirazione, Cristo Re infatti non è in una posizione giudicante, ma sta aspettando i pellegrini alla fine del cammino con sguardo sereno e misericordioso, ad infondere loro speranza. Una curiosità: il Portico originale di Santiago è oggi in fase di restauro, quindi il Meeting è l’unico luogo dove sarà possibile ammirare l’opera nella sua interezza.

 

“Da uno a infinito. Al cuore della matematica” è una sfida aperta anche a chi l’ha lasciata da parte e la considera materia per addetti ai lavori. A tema è il filo di verità e bellezza che percorre tutta la matematica e ne fa un linguaggio universale, come simboleggia il grande albero della matematica, alto 3 metri, che avrà ramificazioni nelle molteplici discipline che vi derivano. Numerosi exhibit e dimostrazioni aiuteranno il visitatore nel suo percorso, tra sale dedicate al rapporto della matematica con l’infinito, la realtà fisica, l’arte e la musica.

 

Il grido del cuore e la ricerca di un significato nel proprio lavoro sono all’origine dei primi scioperi nei cantieri navali di Danzica nell’agosto del 1980, di cui ricorre il trentennale, e che segnarono l’irrompere nella storia europea di una parola nuova: solidarnosc, solidarietà. “Danzica 1980. Solidarnosc” è la terza tappa di un percorso che ha già avuto due appuntamenti al Meeting: “Budapest 1956” e “Praga 1968” e che mette al centro il dramma tra la libertà dell’uomo e l’ideologia al potere. Oltre alla ribellione contro condizioni di vita difficilissime, ciò che emerge dalla Polonia del 1980 è una nuova coscienza della dignità dell’uomo e della necessità che il lavoro abbia un senso perché l’uomo possa vivere. I video dei fatti dell’epoca e dell’intervento di Lech Walesa al Meeting del 1990, oltre alle ricostruzioni degli ambienti fulcro della vicenda, permetteranno al visitatore di rivivere quella pagina di storia.

 

Trent’anni dopo, in piena crisi economica, ad emergere sono le stesse domande di senso. “Un impiego per ciascuno, ognuno al suo lavoro. Dentro la crisi, oltre al crisi” cerca di far luce sul perché dello tsunami finanziario degli ultimi anni e pone al centro una diversa concezione del lavoro, che tenga conto dei desideri dell’uomo e della sua capacità di creare legami e realizzare il bene comune. Esempi virtuosi in questa direzione sono già in atto, la mostra vuole dare testimonianza anche di questo. “Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi che ci minaccia, cioè la tragedia di non voler lottare per superarla” (Albert Einstein). Un percorso arricchito dalle vignette di Guido Clericetti e alcuni sketch del comico Paolo Cevoli.

 

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