Il Meeting di Rimini è approdato in Giappone. Ieri si è tenuto infatti il secondo appuntamento dell’evento Tradizione e globalizzazione. Cristianesimo e Buddhismo di fronte alle sfide della modernità presso l’Istituto italiano di cultura di Tokyo. Ha presentato l’Ambasciatore Vincenzo Petrone, che ha definito l’incontro una iniziativa “che ci consente di portare il nostro granello di sabbia contribuendo ad un rapporto che va indietro nel tempo: l’amicizia iniziata da don Giussani”. Un episodio del quale siamo fieri, ha aggiunto nell’auspicio  di porre la prima pietra di un rapporto ancora più strutturato nella certezza che questo sarà buon lavoro per il nostro paese e anche per queste due espressioni religiose. Don Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e liberazione, ha inviato personalmente un messaggio all’Ambasciatore sottolineando come le reciproche tradizioni italiana e giapponese siano sfidate  a rendere attuale il messaggio millenario della fede. “Lo potremo fare” ha aggiunto “se la proposta di cui siamo portatori tornerà ad essere attrattiva per i nostri fratelli uomini – sempre più tentati dal disinteresse e dall’indifferenza – e lo sarà se innanzitutto sui nostri volti tornerà a splendere la verità che ha affascinato i nostri due grandi amici – don Giussani e il professore Habukawa – fino al punto di renderli protagonisti nella società”. L’incontro ha visto quindi le testimonianze di don Massimo Camisasca e Shodo Habukawa. Erano presenti alcuni rappresentanti dei monaci Shingon e dei monaci della Scuola Zen Soto. Ci si è dapprima confrontati sul tema del senso religioso.
Per Camisasca, esistono tre posizioni che vogliono uccidere il senso religioso: “Sono pochi ma molto potenti, vogliono ucciderlo perché il senso religioso nell’uomo è una grande difesa della libertà, mentre essi vogliono farsi padroni degli uomini. Ci sono coloro che vivono il senso religioso perché hanno trovato degli amici che li anno aiutati a riscoprirlo. E poi ci sono i più in cui si assopisce”. Habukawa ha ripreso il tema partendo dal suo ricordo di don Giussani che, ha detto, ha sempre predicato questo atteggiamento: “Gli uomini anelano all’infinito. E per raggiungerlo bisogna aprire il cuore a tutte le cose. Kobo Daishi ha insegnato che attraverso l’osservazione dei fenomeni dell’universo si riesce ad afferrare il mistero delle cose. Bisogna aprire il cuore alle cose perché si arriva ad accorgersi che tutte le cose dell’universo sono dei punti di espressione di sé”. Dopo questo primo incontro si è assistito a un saggio delle musiche e danze Gagaku, tradizione dei monaci Shingon. Quindi è intervenuto  il professor Amitrano dell’Università degli studi di Napoli “L’Orientale” che ha citato lo scrittore giapponese Miyazawa Kenji, “figura che nella sua vita e nelle sue opere rivelò una spiccata propensione per l’incontro tra culture diverse”. Nella sua opera, ha detto, è possibile rintracciare la presenza del cristianesimo. E’ poi intervenuto il professor Costantino Esposito che ha sottolineato “come gli uomini del nostro tempo sembrano custodire in se un terribile , silenzio segreto: che la domanda sul significato del vita sia una domanda inutile e illusoria”.



Ha quindi detto come nel tentativo comune ai cristiani e ai buddhisti di esprimere l’infinito, vi è forse una strada più ragionevole e più affascinante rispetto alla semplice negazione di ciò che possiede la forma chiusa dell’oggetto. Invece che nell’assenza, ci si deve trovare insieme di fronte alla presenza misteriosa delle cose: “Questa “presenza” non può mai identificarsi semplicemente con ciò che è presente, perché lo attraversa, lo eccede, lo trascende sempre. Questo mistero non è un’eco lontana, ma una voce che ci chiama. Rispondere a questa voce, ciascuno con i mezzi e i modi della sua tradizione, è la nostra grande, comune responsabilità”. E’ stata la volta del  reverendo Eisho Yagi (Abate del Tempio Myojoin), allievo di Habukawa, che ha raccontato la sua esperienza in Uganda e in Kenya insieme a missionari cattolici. Il poeta e scrittore Franco Marcoladi dal canto suo ha voluto parlare di Fosco Mariani e della sua particolare posizione:  “Non una rivelazioni in un dato momento storico  ma una rivelazione sempre e ovunque nella natura e nella vita umana intorno a noi. Quella di Maraini è una figura che considera se stesso come parte integrante del “grande Mistero”. La conclusione è stata affidata a don Ambrogio Pisonoi dell’università cattolica di Milano che ha detto come non esista una ricetta per la grande questione dell’incontro tra Occidente e Oriente. Come disse don Giussani a un esponente del 68,  “Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo”.  Il Meeting si è adesso spostato sul Monte Koya, centro spirituale del Buddismo Shingon.
Dopo i saluti di Yoshinobu Nisaka, Governatore della Regione di Wakayama e del Rev. Yukei Matsunaga, massima autorità spirituale della Scuola Buddhista Shingon, dell’Ambasciatore Vincenzo Pretrone e di mons. Massimo Camisasca, si terrà la terza sessione dal titolo “La ricerca della bellezza” con gli interventi dello scultore giapponese della Sagrada Familia Etsuro Sotoo e il direttore del Museo del Koyasan, contenente capolavori della pittura e scultura giapponese, Shizuka Jien. Sarà poi la volta della quarta sessione sarà dedicata al tema de “Il ruolo della formazione e dell’istruzione. Alla luce della lezione dei maestri”, con Shodo Habukawa, don Ambrogio Pisoni,  dell’Università Cattolica di Milano, il Reverendo Chiun Takahashi, abate Chorakuji, il dott. Franco Marcoaldi e il presidente del Meeting Emilia Guarnieri, coordinati dal reverendo Shingen Takagi, già Rettore della Koya University.
L’ultima tappa di questo singolare viaggio culturale sarà al Tempio Eiheiji, centro spirituale del Buddhismo Zen, dove assieme agli esponenti della Scuola Zen Soto si dialogherà sul tema “L’esperienza dell’incontro”.

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