L’intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha scosso significativamente il mondo della politica, e quello della scuola? Ci sono almeno tre indicazioni che la scuola dovrebbe tenere in considerazione, dal ministro all’ultimo degli studenti. La prima è l’importanza che Napolitano ha dato alla certezza, fino a dire di “portare, nel tempo dell’incertezza, il vostro anelito di certezza”. Che la certezza sia una risorsa per il bene comune, questa è una rivoluzione di cui la scuola ha bisogno. Spesso il mondo della scuola ha identificato nell’incertezza il metodo dell’insegnamento, è buon insegnante chi non comunica certezze. Il Presidente della Repubblica ha avvertito che è la certezza che educa, che fa crescere, che fa diventare grandi. È l’uomo certo che sa puntare sulla libertà sua e degli altri, mentre l’uomo che teorizza l’incertezza indebolisce i giovani, li mantiene fragili. La seconda indicazione è il principio di sussidiarietà. Il Capo dello Stato ha colto il valore della mostra presentata al Meeting, non un’idea dei 150 anni di unità, nè una interpretazione storiografica, ma uno sguardo sulla storia capace di coglierne le energie creative del passato, del presente e anche del futuro. Uno sguardo che ha saputo identificare nella solidarietà e nella sussidiarietà i fattori che hanno mosso la storia italiana, che hanno permesso di affrontare le difficoltà e i momenti di crisi, e che oggi sono la promessa di un futuro migliore. In questa storia di sussidiarietà dove sta la scuola? Una domanda che oggi non si può più rimandare! La scuola è lontana da questa mossa di sussidiarietà, lo statalismo è ancora dominante, sulla carta abbiamo una scuola che dovrebbe poggiarsi su autonomia e parità, nella realtà è lo stato centrale a dominare, a dettare legge. Urge che quanto è scritto sulla carta divenga pratica quotidiana, che si realizzino autonomia e parità. La terza indicazione riguarda i giovani.



Il Capo dello Stato ha dato una lezione a tutti su cosa significhi rapportarsi con i giovani, il suo è stato uno sguardo sensibile e attento, certo del contributo che i giovani possono dare al bene comune. Il ministro Gelmini dovrebbe leggersi il testo dell’intervento di Napolitano, dovrebbe riflettervi attentamente per capire che si costruisce coinvolgendo i giovani e non escludendoli come sta facendo con le sue direttive ostracizzanti di abilitazione. C’è da augurarsi che l’anelito dei giovani, la loro tensione ideale possa far breccia dentro la scuola e portare quella novità umana ed educativa di cui tutti abbiamo bisogno.

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