«La malattia mi porta via tutto dal punto di vista di fisico, e rende in poche parole prigionieri del proprio corpo. Un corpo che però non impedisce di sentire tutto il resto, non imprigiona le emozioni, i sentimenti e questo mi fa sentire che l’essere conta più del fare, che mi permette di vivere la mia malattia e la disabilità che ne consegue come un valore aggiunto». Mario Melazzini, intervistato da IlSussidiario.net dopo il suo incontro con il pubblico al Meeting di Rimini, è il presidente di Aisla e AriSLA, punti di riferimento per persone affette da SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica, e per le loro famiglie. Il Professor Melazzini è innanzitutto medico ma, dopo aver scoperto di avere la SLA, ha dovuto accettare di essere anche un paziente: «In un primo momento desideravo solo isolarmi e allontanare tutti, la famiglia, i miei figli e gli amici, e volevo restare da solo con il mio lavoro e la mia sofferenza. Però dopo aver accettato un consiglio da un mio carissimo amico e padre spirituale, cominciai dopo parecchi mesi di solitudine ad accettare la mia dipendenza da altre persone. Capii che esiste un mistero, e che questo mi portava a comprendere quanto si può guarire dentro e a poter dire che i miracoli esistono, ma che non devono essere per forza mirati ad una guarigione fisica». La ricerca, come conferma il Professor Melazzini, ha portati a grandi e importanti scoperte, anche se “costa,e purtroppo per le malattie neuromuscolari come la SLA, gli investimenti istituzionali sono veramente pochi. Dal punto di vista dei finanziamenti da enti filantropici o da strutture come l’Agenzia di Ricerca per la Sla, qualcosa viene fatto, ma soprattutto per cercare di ottimizzare il lavoro dei ricercatori. La ricerca dal punto di vista scientifico sta davvero facendo passi da gigante, che portano a una maggior comprensione dei meccanismi di malattia e di quanto la genetica a volte giochi un ruolo fondamentale nello scatenamento della malattia e nelle sue manifestazioni cliniche. Sono convinto che l’orizzonte sarà innanzitutto molto roseo, ma soprattutto non molto lontano». L’incontro al Meeting di Rimini di quest’oggi è stato un vero successo, con oltre duecento persone presenti ad assistere, e il Professor Melazzini lo considera “veramente inaspettato, che è servito molto e servirà molto in vista del mio incontro di stasera per quanto riguarda il volontariato, visto che il 2011 è l’anno europeo del volontariato.
Alla base di tutto c’è l’incontro di due persone e il ruolo del volontario è proprio fare uscire quanto c’è nel cuore di quella persona. Non solo una risposta data, quindi, ma anche far emergere quello che porta il volontario a dare una risposta. Quest’anno abbiamo deciso di fare uno stand unico per evidenziare come l’unione sinergica comporti una reale risposta ai bisogni delle persone malate, nel nostro caso malate di malattie neuromuscolari. Siamo in quattro ma è come se fossimo una cosa sola, partendo da Aisla, Arisla, Uildm e Fondazione Serena per dare tutti insieme una risposta concreta. Si parte dall’identificazione dei bisogni, e il nostro sistema è teso a costruire le risposte, anche se a volte ciò che viene offerto non corrisponde esattamente a quello di cui realmente la persona ha bisogno. Il sistema non mette invece in conto che partendo dalla domanda, senza andare a investire risorse aggiuntive, con una migliore gestione e organizzazione, si può veramente dare soddisfazione al bisogno della persona con malattia neuromuscolare. Partendo quindi dalla mia esperienza di medico e di paziente abbiamo deciso di fare questo percorso, come mi ha portato nella malattia a identificare questo mio nuovo modo di fare il medico, ma soprattutto a scoprire che dentro ognuno di noi c’è una risorsa che deve essere valorizzata, indipendentemente dalla propria professionalità». Infine commentiamo con Mario Melazzini il titolo scelto quest’anno per il Meeting di Rimini, “E l’esistenza diventa una immensa certezza”: «Nessun titolo può essere più appropriato per me, perché è verissimo che l’esistenza diventa una immensa certezza. Accettare il proprio limite e vivere la vita con una grave disabilità ha fatto sì che riprogrammassi la quotidianità, e questo mi ha permesso di continuare a fare cose bellissime, nuove e meravigliose, quindi posso solo affermare, né più né meno, che l’esistenza diventa una immensa certezza».
(Claudio Perlini)