Da “IlSole24ore” del 17 agosto 2012. Le nubi della crisi non sembrano diradarsi e non si riesce a prevedere quando tornerà il sereno. Dove trovare il bandolo della matassa per ricominciare a progettare il futuro del nostro popolo dando una prospettiva ai giovani? Cosa possono insegnare in proposito le esperienze positive in atto nelle scuole, nelle università e nel mondo del lavoro? Sono le domande che affronta la mostra “L’imprevedibile istante. Giovani per la crescita” che viene inaugurata al Meeting di Rimini domenica 19 agosto dal presidente del Consiglio, Mario Monti. Il percorso espositivo è la documentazione di esperienze che affrontano con successo i bisogni e le difficoltà, soggettive e riconducibili a “difetti” del sistema, incontrate dai giovani che dopo la scuola superiore accedono all’università e poi al mondo del lavoro, oppure che frequentano una scuola professionale e da qui si avviano al lavoro. Sono esempi di “imprevedibili istanti”, momenti in cui qualcuno ha deciso di non lasciarsi trascinare dal flusso delle cose e ha preso iniziativa seguendo con tenacia e creatività un’intuizione che lo ha portato a esplorare soluzioni nuove nell’affronto dei problemi.
Nel 2010 il 30,8% degli studenti italiani ha abbandonato la scuola superiore statale, l’eccesso di burocratizzazione frena il lavoro degli insegnanti e i finanziamenti sono assegnati alle scuole secondo criteri incapaci di riconoscere il merito; la quota dei laureati italiani rimane bassa, master e dottorati, traino di tutto il sistema, non sono adeguatamente curati; la disoccupazione giovanile nel marzo di quest’anno ha raggiunto il 35,9% (22,1% la media Ocse) e l’età di ingresso nelle professioni rimane troppo alta. Come uscirne?
È provato che nella scuola maggiori risorse non significano necessariamente migliori risultati, che sono favoriti invece da reale autonomia delle scuole statali e da parità tra scuole statali e libere. Anche per l’università, anche se necessario, non basta aumentare l’investimento in capitale umano, ma occorre favorire la competizione virtuosa fra gli atenei, nella didattica e nella ricerca, oltre che l’internazionalizzazione. 



Nel mondo del lavoro, più che il posto fisso la prospettiva è quella di un percorso professionale (sapendo distinguere tra precariato e flessibilità, tra politiche attive e passive), in cui non si smette mai di formarsi e dove orientamento e attenzione ai veri bisogni della realtà economica diventano sempre più determinanti (nella speranza però che l’incredibile impalcatura della burocrazia venga ridotta). Ma non basta, così come, in nessun campo, può essere sufficiente appellarsi a regole e riforme condivise. Occorre quello che il presidente Napolitano ha chiamato “anelito di certezza” in un “tempo di incertezza” nel suo intervento al Meeting di Rimini 2011.
La crisi costringe a tornare alla verità della propria esperienza umana, a riscoprire la natura profonda del proprio io come desiderio insopprimibile di bene che non viene vinto da nessuna circostanza avversa, ma può invece far riscoprire nuove risorse da mettere in azione. Come documenta la mostra, il cambiamento nella scuola italiana inizia ogni volta che i docenti non si arrendono e non rinunciano ad offrire agli studenti il loro lavoro insegnando ad essere se stessi e a conoscere criticamente la realtà; in università, ogni volta che studenti e docenti prendono iniziative libere ed efficaci nell’orientamento, nella didattica e nella ricerca; nel mondo del lavoro quando un giovane decide che non può essere il contratto di lavoro o lo stipendio a renderlo precario, rispondendo con nuova iniziativa alla mancanza di sicurezza.
Cosa succederebbe se si sostenessero e si valorizzassero di più gli “imprevedibili istanti” che accadono nella scuola, nell’università, nel mondo del lavoro italiani? Non c’è altra strada che quella segnata dalla sussidiarietà, la via tesa a liberare creatività, desideri, spirito di iniziativa e fa di queste energie diffuse il motore di un nuovo sviluppo e di un equilibrio sociale più giusto.

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