Da “Avvenire” del 18 agosto 2012. Sono i giorni dell’incertezza e – spesso – anche dello sconforto per le sorti del Paese il Meeting propone di ripartire dall’io, dall’aspirazione di ogni uomo che nessuna circostanza può eliminare o annichilire. A Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione Sussidiarietà, toccherà il battesimo del fuoco di questo Meeting 2012, l’atteso incontro inaugurale di domani col premier Monti.
Quest’anno si parla di infinito a un popolo alle prese con la concretezza e il difficile orizzonte quotidiano. Si potrebbe obiettare: tema astratto…
È vero il contrario. Oggi una visione materialistica della realtà considera l’uomo come un ingranaggio e la sua ragione come misura e non apertura alla realtà. I risultati sono i guasti causati da statalismo e finaniarizzazione di cui subiamo oggi le conseguenze. Al contrario, il realismo che vogliamo rimettere al centro è quello di un uomo che tratta sé e la realtà come parte di un mistero più grande.
L’anno scorso Napolitano, quest’anno si parte con Monti. A proposito di realismo…
La visita di Napolitano, lo scorso anno, si collocava nell’ambito delle celebrazioni dei 150 anni, occasione preziosa per ricordare come lo sviluppo italiano sia nato “dal basso”, dalle iniziative della gente e delle formazioni sociali. Con Monti invece, lo stesso criterio (la sussidiarietà) verrà dialogato a proposito di giovani e crescita, tema della mostra “L’imprevedibile istante. I giovani per la crescita”. Racconteremo tante esperienze positive nate in questi anni nella scuola, nell’università, nel mondo del lavoro, conseguenze di “imprevedibili istanti”, momenti in cui tanti giovani, nonostante circostanze avverse, sono stati leali con i loro desideri più profondi e si sono mossi, dando vita a soluzioni nuove ai problemi incontrati.
Qual è la preoccupazione con cui guardate all’attualità del Paese?
Vedo il rischio di precipitare in una rissa pre-elettorale che sarebbe drammatica. Non sta a me indicare formule, ma certo, è impensabile, che da un lato, chi nonostante una maggioranza senza precedenti non ha saputo realizzare l’auspicata rivoluzione liberale riproponga leader e formule del recente passato e dall’altro si riproponga una riedizione del fronte popolare in una “coalizione arlecchino” il cui contenuto di fondo è lo statalismo che ci ha rovinato e la cui mancanza di coesione ripropone l’ingovernabilità già sperimentata nella seconda repubblica.
Che cosa manca, allora?
Non è ancora chiaro che rischiamo di finire in serie b, in una situazione con sempre meno sviluppo, meno equità e crescente impoverimento delle fasce più deboli della popolazione. La continua rissa mediatico-giudiziario-politica in questo contesto non può che essere nefasta. Occorre un accordo su valori condivisi, come ha fatto di recente la Germania e la consapevolezza che un vero sviluppo può crearsi solo liberando creatività, desideri, spirito di iniziativa della gente e per questo occorre rimuovere quei lacci e laccioli che impediscono a queste energie diffuse di diventare sistema.
Il Meeting si colloca anche in un momento di dibattito con pochi precedenti nella vita di Cl innescato dalla lettera di Carron a Repubblica. Qual è il nodo?
Il nodo è non perdere di vista che il tema principale è sempre l’io e la sua realizzazione. Solo da qui può crearsi uno sviluppo sociale equo e per l’uomo, non dalla ricerca del potere, comunque contraria al compito per cui è nata Cl.
Qualcuno parla di scelta religiosa.
Chi lo dice ha un vuoto di memoria e non si accorge che Carron riprende il richiamo ripetuto di Giussani alla presenza, come modalità dell’impegno di Cl, che si attua attraverso una responsabilità personale dei suoi membri contrapposta alla pretesa di una egemonia come progetto di una organizzazione. Senza questo si pensa di essere liberi e costruttivi ma si finisce come in un «Ho visto un re» di Jannacci: funzionali al potente di turno. Il Meeting in questi anni è cresciuto resistendo a questa tentazione.
Se dovesse consigliare una mostra, o un incontro poco gettonato dai media, che cosa segnalerebbe?
Oltre alle mostre sui giovani e crescita e su Dostoevskij, segnalo l’incontro di martedì pomeriggio con Javier Prades López, Rettore dell’Università San Dámaso di Madrid, che va al cuore del tema del Meeting, “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito”.
Tema astratto, dicono.
Tema esplosivo, invece. Perché parla del valore dell’autocoscienza di ogni uomo che lo rende capace di far fronte anche alle circostanze più dure, diventando sempre più se stesso. Questo è ciò che può incidere anche a livello di sistema: senza un’educazione a una posizione del genere non c’è via d’uscita dalla crisi.
(Angelo Picariello)