«Anche quest’anno il contributo del Meeting al dibattito del Paese mi sembra particolarmente costruttivo e indirizzato su questioni molto concrete: dalla crisi che non sembra finire, alla recessione, fino alle prospettive per l’occupazione. Argomenti che di questi tempi angosciano tutti i cittadini italiani. Da Rimini però sta giungendo un messaggio di speranza. Ieri il presidente Monti ha infatti potuto rispondere direttamente alle domande dei giovani e in questi giorni i ministri del suo governo saranno invitati a confrontarsi con una realtà viva della società italiana. Una scelta molto saggia di cui bisogna complimentarsi con gli organizzatori». Prima di partecipare alla tavola rotonda sulla libertà religiosa del Meeting di Rimini l’ex ministro Franco Frattini, torna con IlSussidiario.net sui principali temi della politica italiana. Dalla leadership del Pdl al rapporto con l’Udc, fino alla legge elettorale, senza escludere un patto costituente per il 2013.



Onorevole Frattini, alla ripresa dei lavori parlamentari e a sei mesi dal voto, c’è il rischio che si dia inizio a una lunga campagna elettorale segnata dallo scontro?

Il pericolo c’è, ma possiamo evitare che questo accada. Le forze responsabili hanno infatti il dovere di concentrarsi su proposte e programmi seri, dimenticando per sempre le promesse irrealizzabili e la delegittimazione reciproca.
Questo non significa che dobbiamo essere d’accordo su tutto, perché ci sono posizioni inconciliabili che è giusto sottolineare. A partire dal rispetto della vita e della famiglia, valori che contraddistinguono il centrodestra, ma che non potranno trovare spazio all’interno dell’asse Vendola-Bersani.

Secondo lei le forze che compongono l’attuale maggioranza saranno in grado di sottoscrivere un patto programmatico che contenga quelle riforme condivise più volte rimandate, da realizzare al di là di chi vincerà le elezioni?



A mio avviso il patto è già stato scritto quando abbiamo sottoscritto insieme impegni non revocabili. Anche il Pd, ad esempio, ha votato il fiscal compact. Conciliare questa promessa con i giudizi di Nichi Vendola, che definisce “macelleria sociale” la politica di Mario Monti, è un problema di Pier Luigi Bersani. Di certo nessuno può rimangiarsi la parola. Se sul piano internazionale dicessimo infatti che avevamo soltanto scherzato perderemmo qualunque tipo di credibilità e di dignità.

Dal Meeting Giorgio Vittadini ha lanciato la proposta di una nuova Costituente, dato che l’Italia sembra attraversare una stagione non molto diversa da quella del ’48.



Vittadini ha ragione. A mio avviso, in questi anni abbiamo tentato molte formule costituenti, spesso senza grandi risultati. Quello che mi auspico è che il respiro della prossima legislatura sia davvero “costituente”. Nessuno può illudersi infatti di dare il via alla riforma presidenzialista a quella federalista con il 51% dei voti.

Il possibile ritorno di Silvio Berlusconi alla guida del Pdl potrebbe pregiudicare tutto ciò che ci siamo detti?

Credo che non si debbano porre veti personali. La valutazione del presidente Berlusconi infatti verterà su alcuni nodi che ancora non sono stati sciolti. Dalla legge elettorale, alla nuova struttura del Pdl, fino al destino dei “moderati” italiani.  È una decisione che può prendere soltanto lui e sono convinto che la comunicherà al momento opportuno. 

Nessun ridimensionamento quindi della segreteria Alfano?

Direi di no. L’avvicinarsi delle elezioni infatti permetterà al nostro segretario di sviluppare quel processo di rinnovamento del nostro partito su cui si è molto impegnato. Trasparenza, democrazia, primarie. Sono temi che non resteranno parole al vento. 

All’interno del suo partito lei è uno dei più ottimisti sul tema dei rapporti con i centristi dell’Udc. 

È vero. Non voglio arrendermi all’idea che in Italia chi appartiene alla grande famiglia del popolarismo europeo sia diviso. Se guardiamo ai valori che ci contraddistinguono infatti Pdl e Udc possono sviluppare convergenze inimmaginabili con altri partiti. Per questo continuerò a lavorare fino all’ultimo affinché il fronte moderato possa compattarsi in futuro. 

Da ultimo, un bilancio sui risultati ottenuti dalla classe politica in questi mesi. Molti degli impegni presi all’inizio della stagione del governo Monti mancano all’appello.

La politica avrebbe dovuto raggiungere almeno tre risultati: la riforma della legge elettorale, la riduzione del numero dei parlamentari e la riscrittura dei regolamenti parlamentari. Il tatticismo di tutte le forze politiche ha impedito di raggiungere questi obiettivi. 
Oggi però, se non vogliamo regalare agli estremisti e ai populisti dell’anti-politica una nuova bandiera, abbiamo il dovere di cambiare la legge elettorale.

Lei che sistema propone?

Un modello che abbia due caratteristiche fondamentali: da un lato che venga garantita la libertà del cittadino di scegliere deputati e senatori, dall’altro il fatto che non vengano imposte coalizioni forzose. Resto dell’idea infatti che sia preferibile formare le coalizioni dopo il voto, sulla base di programmi convergenti, piuttosto che veder vincere ancora una volta coalizioni arlecchino che poi non sanno governare…

(Carlo Melato)

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