Si è svolta oggi alle ore 15 la presentazione della mostra “È Cristo che vive in te. Dostoevskij. L’immagine del mondo e dell’uomo: l’icona e il quadro” che, come ha spiegato Stefano Alberto, docente di teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, “insieme all’incontro di oggi è uno dei momenti più esemplificativi della realtà del Meeting”. La lezione, tenutasi all’interno della gremita sala A3, è stata affidata a Tat’jana Kasatkina, direttore del Dipartimento di Teoria della Letteratura all’Accademia Russa delle Scienze, mentre la mostra è frutto di uno straordinario lavoro di collaborazione tra studenti italiani e russi, curato oltre che dalla Kasatkina, da Arina Kouznetsova (curatore artistico), Uberto Motta, Alessandro Rovetta e Elena Mazzola. La relatrice intraprende fin da subito un percorso di analisi impegnativo, attraverso l’universo dell’arte e della letteratura per descrivere ciò che intende per profondità, vale a dire non l’emozione e la sensazione che un’opera d’arte può suscitare, ma la concretissima caratteristica dell’opera d’arte che è in grado di mettere in relazione il piano della realtà con un secondo piano di riferimento, tutto da intuire. La Kasatkina utilizza come esempio l’epos biblico “dove Dio interviene nel temporale, lì si scorge la profondità”, spiegando che “svelandole le proprietà dell’archetipo che essa non conosceva nel mondo circostante, l’umanità scopre la fondamentale differenza tra il Creatore e la creatura”. E’ sempre lei poi a sottolineare la differenza tra la figura biblica di Abramo e le figure mitiche di Omero. “Il Dio di Abramo deve bussare perché esso, il mondo si apra a Lui. Dio non riesce a trovare l’uomo dopo il peccato originale, perché non c’è nessuno in gioco. Dio entra in gioco solo col libero consenso dell’uomo, padrone e lavoratore del giardino divino, come intermediario del creato (se desideriamo rimanere nascosti, noi resteremo nascosti da Dio)”. Quindi, continua a spiegare, “il profano non è un luogo non ancora abitato da Dio. È un luogo che era di Dio, ma che questi ha consegnato in mano al possesso dell’uomo, luogo dove un tempo vi dimorava Dio”. La figura acquista quindi profondità quando qualcosa di percettibile entra in essa attraverso i confini del tempo e i confini dell’universo.
Nel contesto dell’arte, questo “qualcosa” non è necessariamente Dio. Seguono alcuni esempi con pagine di letteratura nelle quali il tunnel si rende visibile, anche per introdurre nel creato il male, lasciando così intendere quale sia la dignità con cui è stato creato l’uomo: padrone e lavoratore, giardiniere della terra. La professoressa cita poi il romanzo “I Demoni”, nel quale i personaggi interagiscono esattamente come figure che realizzano degli archetipi, dei quali è possibile cogliere la profondità e con la quale è possibile al lettore misurarsi.