«Un pensiero infine ai cristiani che, in varie parti del mondo, si trovano in difficoltà nel professare apertamente la propria fede e nel vedere riconosciuto il diritto a viverla dignitosamente. Sono nostri fratelli e sorelle, testimoni coraggiosi – ancora più numerosi dei martiri nei primi secoli – che sopportano con perseveranza apostolica le varie forme attuali di persecuzione. Non pochi rischiano anche la vita per rimanere fedeli al Vangelo di Cristo. Desidero assicurare che sono vicino con la preghiera alle persone, alle famiglie e alle comunità che soffrono violenza e intolleranza e ripeto loro le parole consolanti di Gesù: Coraggio, io ho vinto il mondo (Gv 16,33)» (dal Messaggio di Papa Francesco per la Giornata missionaria mondiale 2013).
È doloroso constatare come in molte regioni del mondo, ancora oggi, non sia possibile professare ed esprimere liberamente la propria religione, se non a rischio della libertà personale e della vita stessa. E in questo drammatico contesto sono i cristiani a soffrire maggiormente a motivo della fede. Ogni anno nel mondo, oltre 100mila cristiani vengono uccisi e molti altri sono costretti a subire ogni forma di violenza: stupri, torture, rapimenti, distruzione dei luoghi di culto, ma esistono anche forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e di opposizione verso i credenti e i loro simboli religiosi.
I cristiani sono minacciati, attaccati fisicamente e uccisi in molti Paesi. I cristiani sono anche oggetto di discriminazioni nei più diversi modi anche in quei Paesi dove ha libero campo ed esercita una egemonia culturale un nichilismo incapace di accettare chi, in un clima di autentico pluralismo, voglia far riferimento a un ideale, a una religione, a una fede.
È una drammatica realtà che sempre più viene taciuta, nascosta o volutamente censurata nelle sue dimensioni reali, se non in alcuni casi estremi di violenza per cui è impossibile tacere, ma che non può essere ignorata perché, oltre ad offendere la dignità umana, costituisce una minaccia alla sicurezza e alla pace e impedisce la realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale.
Il messaggio evangelico è di per sé una contestazione ad ogni conformismo, irriducibile ad ogni potere. Pertanto l’esistenza dei cristiani è di per sé un antidoto all’invadenza del potere. Una istituzione civile che rispetta la libertà di una tale realtà è per ciò stesso tollerante verso ogni altra autentica aggregazione umana. Il riconoscimento del ruolo anche pubblico della fede e del contributo che essa può dare al cammino degli uomini è, dunque, garanzia di libertà per tutti, non solo per i cristiani. Per questo difendere il diritto all’esistenza dei cristiani è difendere la vita libera di chiunque.
La capacità di incontrare l’altro in quanto uomo, di stimare e riconoscere nella fede e nel pensiero del prossimo un sincero tentativo di risposta alla domanda di significato propria di ciascuno, è un aspetto essenziale della presenza cristiana nella storia.
Il Meeting di Rimini ha cercato di contribuire all’amicizia tra i popoli, e questi 34 anni della sua storia sono la documentazione tanto imprevista quanto desiderata che è proprio il desiderio del cuore – desiderio di verità, di bellezza, di giustizia, di felicità – a rendere amici uomini e donne diversi per fede, cultura, appartenenza etnica o ideologica, divenendo sorgente di rispetto autentico e quindi di pace.
Per questo proprio dal Meeting di Rimini 2013 – raccogliendo il grido di papa Francesco – lanciamo un Appello che invitiamo tutte le persone di buona volontà a sottoscrivere:
Chiediamo alle istituzioni nazionali e agli organismi internazionali, secondo le norme del diritto internazionale, di fare tutto il possibile per difendere, tutelare, proteggere e garantire l’esistenza dei cristiani ovunque nel mondo.
Chiediamo di riconoscere ai cristiani il diritto elementare alla ricerca e alla testimonianza della verità, impedendo ogni limitazione della loro libertà espressiva e associativa.
Clicca qui per aderire all’appello.