“Quando andavo all’asilo le suore mi legavano la mano sinistra dietro la schiena, il braccino del diavolo lo chiamavano, perché ero nato mancino, così da perdere l’abitudine a usare la sinistra”, racconta Paolo Cevoli poco prima di salire sul palco per il suo nuovo spettacolo che ha debuttato ieri sera al Meeting di Rimini, “Perché non parli”, ultimo atto della trilogia cominciata con il grande successo de “La penultima cena”, proseguito con “Il sosia di lui”, “Non ci sarà un quarto atto” dice, “volevo farlo ma adesso voglio fare qualcosa di diverso di cui mantengo il segreto”. Una trilogia in cui i protagonisti sono gli ultimi, personaggi bizzarri che lui definisce “i patacca, quelli che ricevono le confidenze dei personaggi cui stanno a fianco, ne conoscono pregi e difetti e per questo sono interessanti e pieni di cose da raccontare”. Nel caso di Vincenzo “Cencio” Donati, il garzone balbuziente anzi “tartaglione” emerge ancora di più la figura del diverso. Anche lui è mancino come era Cevoli: “Io nasco da una Chiesa che se eri mancino ti legavano il braccino dietro la schiena: se non eri fatto in un certo modo, non rientravi in certi canoni, eri un diverso e non andavi bene. Così è anche il protagonista dello spettacolo, fino a quando non scopre che l’Adamo di Michelangelo è mancino e anche l’arcangelo Gabriele impugna la spada con la sinistra e dice: ma allora mi avete preso per il c…”. Una storia il cui filo conduttore è tra misericordia e giustizia: “Racconto la mia interpretazione di cosa è la misericordia vista da un c..ne, cioè io”. Travolgente e divertente, ma anche profondamente colto, Paolo Cevoli ci ha spiegato i retroscena di questo spettacolo.



Perché proprio Michelangelo?

Penso sia il più grande artista di sempre, anche più di Leonardo, perché Michelangelo era completo: scultore e pittore, scultore clamoroso che lavorava la pietra. Pensa che per prepararmi a questa storia la prima cosa che ho fatto è stato recarmi alla cava dove lui sceglieva il suo marmo e ho scoperto che stavano lavorando a una statua di Zidane che dà la testata a Materazzi… Mi sono cadute le braccia, quella cava è stata creata da Dio milioni di anni fa, è una cava unica al mondo, una pietra senza paragoni, e questi fanno la statua di Zidane e Materazzi.



Qual era il segreto di questo artista?

Nello spettacolo dico che Dio è scultore e che la creazione non è mai finita, Dio ha avuto bisogno di noi per essere concreatori insieme a Lui. Lo spettacolo finisce con queste parole: il vero atto creativo è l’opera d’arte figlia di Dio e figlia dell’uomo.

Michelangelo è senz’altro una figura imponente nella storia dell’arte, protagonista di un periodo di grandi sconvolgimenti epocali.

Anche per questo l’ho scelto. Lui con il giudizio divino e la storia della creazione esprime proprio questo sentimento, fra l’arrivo sulle scene di Lutero e tutti gli sconvolgimenti conseguenti. Lui amava irridere i potenti, anche il papa, se guardi la creazione vedi che ha dipinto Dio di spalle, proprio là dove cardinali e papi si inginocchiavano Dio volta loro la schiena. Faccio la mia ipotesi, che in questi due cicli pittorici di Michelangelo si assiste al senso di colpa dato da un Dio arrabbiato, giustiziere, che metteva paura a tutti, una visione di Dio che è arrivata fino alla mia generazione incutendo timore. Io da ragazzino lo pensavo sempre: guardate, volevo dire ai preti, che se continuate così in chiesa non ci viene più nessuno e infatti è andata a finire più o meno così. E poi mi faceva ridere mettere un cretino balbuziente che dà lui l’idea a Michelangelo di fare il giudizio universale.



 

La Chiesa è ancora quella in cui sei cresciuto?

No non più, almeno in parte. Pensa a questa genialata che ha avuto il papa, l’anno della misericordia: Francesco ci dice che Dio è buono, non è cattivo mentre per Michelangelo Dio era sempre arabbiato.

 

Di solito tendiamo a dare a Dio tutte le colpe per il male, le cattiverie che succedono nel mondo.

Sì, diciamo sempre: ma come fa Dio a permettere certe cose? Deve essere cattivo o uno che se ne frega. Io dico di no, ci ha fatto liberi e se proprio vogliamo imputargli una cazzata è quella di averci fatti liberi. Se leggiamo bene la Bibbia non è Dio che caccia Adamo ed Eva, sono loro che se ne vanno. Il sospetto che Dio non sia padre ma un cattivo cambia loro la vita.

 

Tu sei stato frequentatore del Meeting per anni e poi protagonista sul palco: secondo te è cambiato da quando lo frequentavi da giovane?

Non saprei, mi sembra che oggi sia meno una kermesse politica come poteva sembrare fino a qualche tempo fa e che invece si vada più al cuore delle persone.

(Paolo Vites) 

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