L’Europa è ripiombata nella paura. Le vittime degli attentati in Finlandia e in Catalogna scatenano il dolore e lo smarrimento, ci si interroga sulle sorti dell’Isis, su come contenere la minaccia dell’islam violento, dei terroristi fai-da-te che in poche ore sono pronti a passare all’azione e ad uccidere. Soprattutto, ci si interroga su chi siamo noi e chi sono gli “altri”,  i nemici che minacciano le nostre vite. Papa Francesco, in un apparente controsenso che sembra un attentato alla nostre certezze, ha invitato — da tempo — a costruire ponti e non muri. Quello delle barriere, dei muri e dei ponti per superarli è anche il titolo di un ciclo di incontri al quale il Meeting di Rimini, che si apre oggi, ha riservato un posto centrale. Ne abbiamo parlato con Monica Maggioni, giornalista, presidente della Rai, che con Roberto Fontolan, direttore del centro internazionale di Cl e e con Paolo Magri, direttore dell’Ispi, presenterà oggi il percorso “Un mondo di muri”.



I muri erano crollati, li abbiamo rimessi in piedi? 

Purtroppo sì. Con Magri e Fontolan siamo partiti dai grandi muri politici, ne abbiamo ricostruito la storia e la rovina. Poi, lavorando al materiale che sarà presentato allo “spazio muri”, ci siamo man mano resi conto che il tema dei muri è centrale ma non è solo di tipo geopolitico. I muri non sono passati, il mondo ha ricominciato a costruirli.

Di quali muri parliamo?

E’ un fatto che investe la società tutta, fine nelle pieghe dell’individualità delle persone. Le nostre città sono piene di muri, da quelli della disabilità a quelli della conoscenza, fino ai muri dello sguardo sulla persona che abbiamo di fronte, al muro che erigiamo nei confronti dell’altro da noi, del diverso. 

Che cosa emerge?

Se si fa un viaggio nella storia delle persone si incontrano le stesse dinamiche che regolano i rapporti tra gli stati.

Si va dai “muri dell’Europa” ai “muri delle macerie di Mosul”, fino ai “muri per i terroristi”. Un titolo che induce a pensare che i muri servano anche a tenere lontano qualcuno.

Invece no. Quel titolo è volutamente provocatorio, una sfida. Perché più si innalzano muri, più si moltiplicano i terroristi. Costruire muri è il modo migliore per non andare alla radice del problema che ci sfida ad affrontarlo. Ecco che erigere muri è enfatizzare le divisioni, proprio quello che vogliono i terroristi. 

Che cosa dobbiamo fare?

Non terremo fuori di casa i terroristi in questo modo, ma chiedendoci chi sono e da dove vengono, cosa fanno e cosa vogliono. E dunque ripensando noi stessi a chi siamo e a cosa vogliamo. No, di muri non ne salviamo neanche uno.

Chi ha lanciato la metafora dei muri e connessa a questa, quella dei ponti è stato papa Francesco. Ne siete debitori?

Assolutamente sì. E’ vero, è stato papa Francesco ad imporre l’immagine a livello planetario e alcune citazioni sue ci aiuteranno nel percorso che proponiamo al Meeting. Seguendo il papa, siamo arrivati a concludere che nessun muro può essere la risposta ai problemi che questo tempo ci pone. 

Da dove nasce un muro?

Da un bisogno di risposta immediata. E a suo modo la offre, ma è la risposta di uno sguardo corto, di breve periodo. Ogni muro offre uno slogan da vendere e il miraggio di una situazione risolta, pacificata. Poi ti accorgi puntualmente che il problema non è risolto e anzi sta aumentando. 

L’identità è qualcosa di solido, di destinato a permanere e arricchirsi. I ponti non stanno in piedi solo se ci sono i muri che li sostengono? 

Da un punto di vista architettonico senz’altro, ma a livello umano no: di muri ne ho visti tanti, ho visto anche tanti ponti, ma muri che sostengono ponti non ne conosco. Ho visto ponti sostenuti da persone che sono ricche di eredità e consapevoli di sé. Non ho visto lo stesso nei muri. Il muro separa, non sorregge. A sorreggere sono l’identità, il pensiero, la memoria e, beninteso, la libertà. Ma quando l’identità separa, traducendosi in muro, non riesce più a tenere in piedi nessun ponte. 

Qual è il muro con il quale abbiamo più a che fare come comunità nazionale oggi?

Verrebbe fin troppo facile dire la sfida dell’incontro con l’altro rappresentata dal flusso migratorio. C’è sicuramente anche questo, però il problema è molto più complicato di così e lo si capirà bene negli incontri della settimana, ognuno dei quali vuole essere innanzitutto una sfida per chi li seguirà. Non abbiamo risposte preconfezionate, però quello che cercheremo di fare nell’incontro di mercoledì 23 è guardare di là dal muro e chiederci, dopo avere tanto parlato di muri eretti tra le persone e nelle persone stesse — come si va di là, cosa c’è al di là?

La risposta?

Sta di nuovo nelle persone. Useremo alcune persone e alcune esperienze per guardare di là del muro.